Efficienza, il premio può avvantaggiare chi non ha tagliato

Marcello Serra 28 Novembre 2011
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Si bloccano i trattamenti economici individuali, si pongono tetti ai fondi per le risorse decentrate, ma quali possono essere gli effetti dei piani di razionalizzazione sulla spesa di personale? La domanda sorge spontanea dalla lettera della circolare 13/2011 della Funzione pubblica, firmata in zona Cesarini dal ministro Brunetta. Questione che, allo stato attuale, non sembra avere risposta.
La circolare detta le istruzioni operative che consentono alle amministrazioni di destinare ai dipendenti una quota significativa del cosiddetto “dividendo per l’efficienza”, introdotto dall’articolo 16, comma 5, della prima manovra estiva (Dl 98/2011). La procedura non è semplice e scontata ma, in sostanza, consiste nel destinare alla contrattazione decentrata fino al 50% dei maggiori risparmi che le amministrazioni conseguono rispetto a quanto già imposto dalle varie manovre finanziarie. Chi intende imboccare questa strada, dovrà approvare entro il 31 marzo di ogni anno un piano di razionalizzazione che quantifichi la spesa iniziale e le ulteriori economie che intende conseguire.
A consuntivo, dovranno essere verificati i risultati ottenuti, che andranno certificati dall’organo di revisione. Gli ambiti nei quali ci si può muovere sono molto ampi e vanno dalla semplificazione amministrativa ai costi della politica, dagli incarichi alle partecipate agli oneri per consulenze.
Le cose sembrano quasi scontate e potrebbero rappresentare un nuovo modo di procurarsi risorse fresche, superando gli ormai troppo rischiosi meccanismi introdotti con la privatizzazione del rapporto di lavoro del 1999. Non a caso le organizzazioni sindacali stanno spingendo per l’applicazione di questo istituto. Con ogni evidenza, ci sono ampi spazi per un uso non proprio ortodosso del dividendo per l’efficienza.
In primo luogo si dovrebbe partire da dati finanziari certi, che dovrebbero avere già scontato gli sforzi imposti nel corso degli anni precedenti dalla varie manovre finanziarie. Poiché questi non sempre sono stati scrupolosamente rispettati, e soprattutto analiticamente certificati, il punto di partenza potrebbe celare delle criticità trasformando quello che dovrebbe essere un dividendo dell’efficienza in un dividendo dell’inefficienza. Il meccanismo proposto va in modo inspiegabile a premiare proprio i dipendenti di quelle amministrazioni che storicamente sono state più cicale che formiche. Chi, infatti, non si è preoccupato di adeguarsi o di contenere le spese, oggi avrà ampio spazio per distribuire: un vero e proprio encomio ai meno virtuosi.
Il premio si colloca all’interno di un contesto normativo molto rigido che impone il blocco dei fondi al valore del 2010. La faticosa interpretazione della magistratura contabile ha escluso che vi possano essere delle deroghe se non in tema di progettazione e avvocatura. Per altro verso la manovra estiva non si è preoccupata di prendere posizione su questo punto decisivo. In caso di interpretazione restrittiva, ancora una volta, ne avrebbero beneficio gli enti che nel 2010 avevano spinto sull’acceleratore delle risorse variabili creandosi una zoccolo duro elevato che oggi potrebbe fare da alveo al nuovo premio che tutto sembra essere tranne che dell’efficienza.

Tiziano Grandelli

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