Ha creato un gigantesco caso politico l’emendamento governativo presentato sulla responsabilità dei sanitari in relazione all’attuale
stato di emergenza da Coronavirus. La vicenda è una perfetta rappresentazione della enorme confusione esistente che, a volte, comporta fughe laterali di malafede o più semplicemente di inadeguatezza istituzionale. Si tratta dell’
emendamento presentato (em 1.0.4 – testo 2- primo firmatario Marcucci) che introduce un art. 1-
bis nella
conversione del decreto legge 18/2020 (Decreto “Cura Italia”). Il primo testo prevedeva anche il personale tecnico-amministrativo, escluso successivamente. È difficile comprendere la ragione del ripensamento ma se la mano che l’ha cancellato è quella di un burocrate ministeriale è probabile che la ragione sia banalmente che la formulazione
“esercenti le professioni sanitarie – professionali – tecniche amministrative” era incoerente perché nel ruolo amministrativo e tecnico non ci sono “professioni”. Se, invece, così non è stato si tratterebbe di una vera e propria volontà punitiva. L’emendamento nella nuova versione introduce in sostanza una limitazione della responsabilità civile delle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche o private, e degli esercenti le professioni sanitarie ai soli casi in cui l’evento dannoso risulta riconducibile a condotte poste in essere con dolo o colpa grave. Viene inoltre declinato il perimetro della gravità della colpa, nel comma 2 quella civile e nel comma 3 quella penale.
Aveva iniziato la FNOMCEO a chiedere al Governo di varare subito una norma a protezione dei medici impegnati a far fronte all’emergenza epidemica. Anche perché si era cominciata a diffondere la pratica di intentare cause legali da parte dei cittadini che appare umana e giustificata se di iniziativa di un soggetto colpito da un lutto mentre se fomentata da avvocati senza scrupoli costituisce una vergognosa opera di sciacallaggio da sanzionare presso gli Ordini professionali.
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