Esperti del sindaco, per la Corte dei conti assimilabili alle consulenze

La sezione di controllo della Corte dei conti della Sicilia, con la deliberazione 55/2019, ha affermato che gli incarichi di esperto, conferiti da un sindaco sono ascrivibili alla categoria generale delle consulenze

27 Marzo 2019
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Gli esperti del sindaco, nominati ai sensi dell’art. 14 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, sono ascrivibili lato sensu alla categoria generale delle consulenze.
Lo ha sancito la Corte dei Conti, sezione controllo per la Sicilia, chiamata a pronunciarsi sull’incarico fiduciario del primo cittadino, conferito, ad esperto esterno all’amministrazione, per l’espletamento della attività connesse con le materie di competenza del primo cittadino.
Tali incarichi, in forza dell’art. 14 della L.r. n. 7/1992, non costituiscono rapporto di pubblico impiego e sono remunerati con compenso pari a quello globale per i dipendenti in possesso della seconda qualifica dirigenziale.

Per i magistrati contabili, anche richiamando precedenti pronunce in materia, la diversa terminologia utilizzata dal legislatore nelle molteplici disposizioni dell’ordinamento finanziario, con riferimento ai diversi incarichi conferiti dalla pubblica amministrazione a soggetti esterni, mira ad individuare, di volta in volta, i limiti di spesa consentiti, abbracciando complessivamente tutte le diverse tipologie di contratti con caratteristiche affini.
La volontà del legislatore è da incidere, in senso restrittivo, sulle diverse possibili forme di compenso corrisposte dalle amministrazioni ai soggetti componenti gli organi comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo senza distinzioni di specie, nell’ottica di un generale disegno di coordinamento della finanza pubblica.
La norma regionale in materia di esperti del sindaco, giacché disciplinante contratti con soggetti esterni all’amministrazione, è estranea alla materia dello status giuridico-economico degli amministratori locali e, pertanto, non sussiste la legislazione esclusiva della Regione siciliana, che riguarda l’ordinamento degli Enti locali.

La sezione controllo, ricorda, che la sentenza della Corte Costituzionale n. 139 del 2012, ha affermato che i vincoli imposti dal legislatore nazionale all’autonomia di spesa degli enti hanno, comunque, carattere di disciplina di principio e possono essere considerati rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli Enti locali qualora stabiliscano un limite complessivo della spesa così da lasciare agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa.
Gli enti territoriali diversi dallo Stato, dunque, sono soggetti al vincolo dell’ammontare complessivo dei risparmi da conseguire, potendo modulare in modo discrezionale le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa contemplate nell’art. 6 entro i limiti del vincolo complessivo (Corte costituzionale, sentenza n. 182 del 2011).

L’art. 21-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, con legge 21 giugno 2017, n. 96, nell’intento di creare nuovi spazi finanziari, ha stabilito la non applicazione di alcuni dei limiti specifici di spesa previsti dall’art. 6 del d.l. n. 78/2010.
Destinatari di tale nuova disciplina sono i Comuni e le forme associative degli stessi (consorzi e Unioni di Comuni) che soddisfino le seguenti condizioni:
1) abbiano approvato il rendiconto 2016 entro il termine di scadenza del 30 aprile 2017;
2) abbiano anche rispettato il saldo tra entrate e spese finali previsto dalle norme sul pareggio di bilancio (articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243).
Pertanto, al verificarsi delle seguenti condizioni per l’anno 2017, sono disapplicabili le disposizioni che hanno imposto la riduzione delle spese per studi ed incarichi di consulenza nella misura minima dell’80% delle spese impegnate nel 2009 per la stessa finalità (art. 6, comma 7, d.l. n. 78/2010).
A decorrere dall’esercizio 2018, tali disposizioni si applicano esclusivamente ai Comuni e alle loro forme associative che abbiano approvato il bilancio preventivo dell’esercizio di riferimento entro il 31 dicembre dell’anno precedente e che abbiano rispettato nell’anno precedente il saldo tra entrate finali e spese finali di cui all’articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (art. 21-bis, comma 2, del d.l. n. 50/2017).

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