Sulla questione, le sezioni regionali della Corte dei conti sono intervenute diverse volte, osservando che l’eventuale costo sostenuto come corrispettivo verso enti che non sono soggettivamente riconducibili all’Amministrazione non può, neanche pro quota e indirettamente, qualificarsi come spesa per il personale, ma, a seconda della natura dell’attività commissionata, rileva come spesa corrente o in conto capitale per beni o servizi.
Ancora abbastanza recentemente (Sez. reg. di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 86/2018/PAR) è stato affermato chiaramente come il corrispettivo di un contratto di appalto, anche se ad alto tasso di incidenza di manodopera e salvo non si tratti di fattispecie elusiva, non configuri direttamente una spesa per il personale: in tal senso è stata richiamata la disciplina civilistica di riferimento “per cui oggetto dell’appalto è, ai sensi dell’art. 1655 c.c., il compimento di un’opera o di un servizio – con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio – verso un corrispettivo di un prezzo, mentre il contenuto di ogni rapporto di lavoro, comunque declinato, cui si riferisce la spesa del personale, consiste nella prestazione lavorativa in sé (art. 2094 c.c.). Pertanto, nell’un caso si tratta di un’obbligazione di risultato (un’opera o un servizio), nell’altro di mezzi (le proprie energie lavorative), questo a conferma dell’alterità delle due fattispecie”.
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