Massima
Occorre sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE: se l’art. 7 par. 2 della direttiva 2003/88 e l’art. 31 punto 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, anche separatamente considerati, debbano essere interpretati nel senso che ostino a disposizioni o prassi nazionali in base alle quali, cessato il rapporto di lavoro, il diritto al pagamento di una indennità pecuniaria per le ferie maturate e non godute non sia dovuto in un contesto in cui il lavoratore non abbia potuto farlo valere, prima della cessazione, per fatto illegittimo (licenziamento accertato in via definitiva dal giudice nazionale con pronuncia comportante il ripristino retroattivo del rapporto lavorativo) addebitale al datore di lavoro, limitatamente al periodo intercorrente tra la condotta datoriale e la successiva reintegrazione.
Fatto
Un dipendente veniva licenziato e, impugnato il licenziamento, veniva reintegrato su ordine del giudice. Il datore di lavoro sospendeva il dipendente con avvio della procedura di cui all’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori per l’accertamento della idoneità fisica all’espletamento delle mansioni assegnate. Successivamente il datore di lavoro procedeva al licenziamento.
Anche in questo secondo caso, il dipendente vittorioso in giudizio otteneva la reintegrazione a cui è seguito un ulteriore licenziamento.
Il dipendente otteneva dal Tribunale ingiunzione nei confronti del datore di lavoro per le somme dovute a titolo di ferie e di permessi per festività soppresse maturate tra i rispettivi licenziamenti e successive reintegrazioni.
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