Giurisdizione: adempimento dell’obbligo vaccinale nel pubblico impiego contrattualizzato

11 Aprile 2024
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Di G. Crepaldi

Nota a: TAR Sardegna, Sez. I, 29 marzo 2024, n. 242

In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la controversia relativa alla sospensione di un agente della polizia locale per la mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale anti Covid-19, introdotto dall’art. 4-ter del d.l. n. 44 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 76 del 2021, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, poiché l’attività di verifica dell’osservanza di tale obbligo, da parte del datore di lavoro, non è ascrivibile all’ambito pubblicistico, ma a quello degli atti di gestione del rapporto di lavoro, seppur vincolati nei presupposti, nei contenuti e nelle modalità di esplicazione dalla previsione di legge.

Fatto

Dagli atti risulta che il Comune di -OMISSIS- notificava l’invito a produrre la documentazione vaccinale ai sensi dell’art. 4-ter, comma 1, d.l. 44/2021 e ss.mm.ii. alla ricorrente, agente di Polizia locale presso l’Amministrazione comunale senza, tuttavia, formalizzare alcuna sospensione dall’attività lavorativa, ma impendendo, di fatto, alla dipendente, di svolgere il proprio lavoro.
Con ricorso la ricorrente ha impugnato, tra le altre, la nota suindicata, e ha chiesto la condanna della p.a. al risarcimento dei danni.

La decisione

Il ricorso è inammissibile.

Motivazioni

Il Collegio ritiene che, analogamente a quanto già statuito in un proprio precedente (la sentenza n. 967 del 19.12.2023, su vicenda assai simile), il ricorso debba essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario (cfr. anche TAR Sardegna, sez. I, sentenza n. 189 del 6.3.2024).
Anche in questo caso, come in un recente passato (conf. sent. TAR Sardegna, I, nn. 189/2024 e 967/2023, citate), pare opportuno premettere che il fatto che il Collegio si sia pronunciato sulla domanda cautelare (ancorché respingendola), e riconoscendo, quindi, sia pure in via implicita e soltanto provvisoria, la sussistenza della propria giurisdizione, non è idoneo a perfezionare alcuna forma di giudicato implicito sulla questione di giurisdizione, attesa la natura soltanto provvisoria e interinale del provvedimento cautelare, adottato sulla base di una cognizione sommaria della controversia e soggetto a un fisiologico riesame nella sede di merito.
Inoltre, l’art. 9 c.p.a. si limita a prevedere che “il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio”, sicché non è discutibile il potere del Collegio di declinare la propria giurisdizione fino alla definizione del giudizio di primo grado, quand’anche nella fase cautelare sia stato espresso, esplicitamente o implicitamente, un diverso orientamento sul punto.
Per quanto qui d’interesse, vale ricordare che l’art. 4-ter, d.l. 44/2021, come successivamente modificato, prescrive(va) l’obbligo, fino al 1° novembre 2022, per il personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, nonché degli organismi di cui agli articoli 4, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124, di sottoporsi alla vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2, espressamente qualificando quest’ultima quale “requisito essenziale per lo svolgimento delle attività lavorative dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1. I responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1 assicurano il rispetto dell’obbligo di cui al medesimo comma 1. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 4, commi 2 e 7” (art. 4-ter, comma 2).
Sussiste(va) quindi un esonero dall’obbligo vaccinale solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico curante di medicina generale ovvero dal medico vaccinatore (art. 4, comma 2).
La norma demanda(va) ai soggetti di cui al comma 2 l’accertamento del mancato adempimento dell’obbligo vaccinale, acquisendo le informazioni necessarie anche secondo le modalità definite con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 9, comma 10, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87. In caso di esito negativo, i soggetti di cui al comma 2 invitavano, senza indugio, gli interessati a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell’invito, la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione oppure l’attestazione relativa all’omissione o al differimento della stessa ai sensi dell’articolo 4, comma 2, ovvero la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a venti giorni dalla ricezione dell’invito, o comunque l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale di cui al comma 1.
In mancanza di riscontro positivo all’invito, i soggetti di cui al comma 2 (ossia i responsabili delle strutture in cui presta servizio il personale di cui al comma 1) accertavano l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne davano immediata comunicazione scritta all’interessato. L’atto di accertamento dell’inadempimento determinava “l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per il periodo di sospensione, non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato al datore di lavoro dell’avvio o del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre il 1° novembre 2022”.
Poiché la presente vertenza non investe materie appartenenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133 c.p.a., il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve essere verificato sulla base del criterio generale di riparto fondato, secondo quanto prevede l’art. 103, comma 1, cost., sulla natura e consistenza della situazione soggettiva azionata (criterio della “causa petendi”, o “petitum sostanziale”). Il giudice amministrativo può quindi essere utilmente adìto soltanto ove la posizione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio sia qualificabile in termini di interesse legittimo.
Affinché possa ritenersi configurabile una situazione d’interesse legittimo occorre che la legge interponga alla pretesa del privato (in termini di conseguimento o di conservazione di un “bene della vita”) un potere autoritativo della pubblica amministrazione.
Ciò rilevato in via preliminare, il Collegio conosce l’orientamento di segno contrario del Consiglio di Stato sul punto, secondo il quale, ai fini della individuazione del giudice fornito di giurisdizione è irrilevante la circostanza che le norme contenute nel d.l. n. 44/2021 prevedano poteri vincolati in capo all’Amministrazione, “atteso che, anche a fronte di un potere vincolato, la posizione soggettiva del cittadino è di interesse legittimo ogni volta che – come accade nel caso di specie – alla pubblica amministrazione sia attribuito un potere autoritativo per tutelare gli interessi pubblici” (v. Cons. Stato, sez. III, 3 ottobre 2022 n. 8434, specie là dove, in motivazione, è richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 127 del 1998, per la quale “è un postulato privo di qualsiasi fondamento il sostenere che un atto vincolato non possa incidere su posizioni di interesse legittimo”). Sulla stessa scia si pone Consiglio di Stato, sez. III, 5.12.2022, n. 10648, il quale ha ulteriormente affermato che “…come avviene in pressoché tutti i settori nei quali gli atti autoritativi incidono su “posizioni legittimanti” qualificabili come “diritti”, le posizioni correlative ad un provvedimento espressione di un pubblico potere – ancorché vincolato e pur quando l’accertamento del suo presupposto sia rimesso alla competenza di un’altra autorità amministrativa – sono di interesse legittimo, che costituisce il diaframma intercorrente tra l’atto autoritativo e la sfera giuridica del suo destinatario”. Ancora, più di recente, per Consiglio di Stato, sez. III, 22.3.2023, n. 2916, “rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia promossa da un sanitario per l’annullamento della delibera con la quale il Consiglio direttivo dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri lo ha sospeso dall’esercizio delle professioni sanitarie e dall’albo, per inadempimento dell’obbligo vaccinale, ai sensi dell’art. 4, d.l. n. 44 del 2021, conv. nella l. n. 76 del 2021, e ciò in quanto come avviene in pressoché tutti i settori nei quali gli atti autoritativi incidono su “posizioni legittimanti” qualificabili come “diritti” le posizioni correlative ad un provvedimento espressione di un pubblico potere – ancorché vincolato e pur quando l’accertamento del suo presupposto sia rimesso alla competenza di un’altra autorità amministrativa – sono di interesse legittimo, che costituisce il diaframma intercorrente tra l’atto autoritativo e la sfera giuridica del suo destinatario”.
Tuttavia, merita evidenziare che lo stesso Consiglio di Stato, di recente, con il parere n. 1226 del 25 settembre 2023, ha dichiarato inammissibile un ricorso straordinario presentato da un esercente la professione sanitaria (valevole anche per la fattispecie in esame), volto a sindacare la legittimità del procedimento di accertamento dell’inadempimento all’obbligo vaccinale e di sospensione dal diritto di esercizio dell’attività lavorativa. Tale inammissibilità discende dal fatto che, in base al comma 8 dell’articolo 7 del c.p.a., “il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”.
Infatti, il Consiglio di Stato, in adesione all’orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. civ., S. U., 29 settembre 2022, n. 28429), con riferimento alla professione sanitaria, ha chiarito che “L’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario in materia, a giudizio del Collegio, deve, alla luce dei rilievi svolti dalla Corte regolatrice, essere affermata anche nella ipotesi in cui, come nella controversia in esame, il sanitario sia anche un pubblico dipendente e l’atto di sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa sia adottato dall’Amministrazione datrice di lavoro (nella specie, la stessa ASL). Vi è, invero, da considerare che in tal caso gli adempimenti accertativi della ASL risultano i medesimi e che il datore di lavoro si limita ad adottare, alla stregua di tale accertamento, l’atto di sospensione, il quale è, quindi, assolutamente scevro da profili di discrezionalità e si inserisce, quale atto datoriale, all’interno del rapporto di lavoro in conseguenza della alterazione del rapporto sinallagmatico proprio di esso. Va, infatti, evidenziato che la sospensione dall’esercizio dell’attività lavorativa o professionale costituiscono una conseguenza ex lege della violazione dell’obbligo vaccinale, direttamente stabilita dalla norma senza alcun potere valutativo del datore di lavoro”.
Le SU della Cassazione, con l’ordinanza n. 9403 del 5 aprile 2023, hanno poi ribadito che “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la controversia relativa alla sospensione di un agente della polizia locale per la mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale anti Covid-19, introdotto dall’art. 4-ter del d.l. n. 44 del 2021, conv. con modif. dalla l. n. 76 del 2021, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, poiché l’attività di verifica dell’osservanza di tale obbligo, da parte del datore di lavoro, non è ascrivibile all’ambito pubblicistico, ma a quello degli atti di gestione del rapporto di lavoro, seppur vincolati nei presupposti, nei contenuti e nelle modalità di esplicazione dalla previsione di legge.”
Ciò premesso, il Collegio ritiene che la spettanza della giurisdizione in capo al giudice ordinario sia l’opzione ermeneutica maggiormente convincente.
5.4. Da un lato, essa è fedele alla non vincolante, ma in questo caso doverosa – in ossequio al disposto di cui art. 111, ultimo comma, Cost. – presa d’atto dell’orientamento della Corte regolatrice della giurisdizione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 29 settembre 2022, n. 28429; Id., 5 aprile 2023, n. 9403).
La Corte di cassazione, Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 9403/2023, ha stabilito che “in tema di pubblico impiego contrattualizzato, nel cui ambito, ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, va ricondotto il rapporto di lavoro in controversia, sono attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, senza che abbia alcuna incidenza sulla giurisdizione del giudice ordinario la circostanza che nel giudizio vengano in questione ‘atti amministrativi presupposti’ che, se riconosciuti illegittimi, possono essere disapplicati (fra le tante: Cass. Sez. Un. 17535/2018, Cass. Sez. Un. 15276 del 2017, Cass. Sez. Un. 3677 del 2009) e che gli atti di gestione del rapporto, in quanto espressione dei poteri propri del datore di lavoro privato, hanno natura privatistica”.
Orbene, ciò premesso, la Corte chiarisce che “Tale assetto non è stato inciso dalla disciplina scaturita dall’emergenza pandemica da Sars CoV-2 in tema di obbligo vaccinale e conseguenze connesse alla relativa violazione, nell’ambito della quale, in relazione alla presente fattispecie, assume diretto rilievo il D.L. n. 44 del 2021 cit., art. 4 ter, disposizione che ha esteso l’obbligo vaccinale (già previsto in precedenza per alcune categorie di lavoratori), fra gli altri, al personale della polizia locale (comma 1 lett. b)) e posto a carico del responsabile della struttura l’attività di verifica della relativa osservanza (comma 2); tale verifica, ove conclusa con esito negativo, avrebbe determinato l’immediata sospensione dal diritto del lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, ‘senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro’ ed, in relazione al medesimo periodo, il venir meno del diritto alla retribuzione o ad altro compenso o emolumento (comma 3)”.
– “…A riguardo è dirimente la considerazione che l’attività asseritamente ‘demandata’ al soggetto datore di lavoro costituisce mera attività di accertamento, vincolata nei presupposti, nei contenuti e nelle modalità di esplicazione, rigidamente procedimentalizzate. In altri termini, la disciplina di diritto sostanziale non lascia spazio alcuno per la esplicazione di un potere autoritativo di natura discrezionale in capo al soggetto tenuto alla verifica dell’osservanza dell’obbligo vaccinale, come è invece proprio nella ipotesi in cui la posizione soggettiva del privato abbia consistenza di interesse legittimo e sia pertanto suscettibile di essere incisa dal potere dell’Amministrazione. Se si considera che l’interesse legittimo si differenzia dal diritto soggettivo per il fatto che l’acquisizione o la conservazione di un determinato bene della vita non è assicurata in modo immediato dalla norma, che tutela appunto in modo diretto l’interesse pubblico, bensì passa attraverso l’esercizio del potere amministrativo, in quanto la norma attributiva del potere conferisce all’autorità amministrativa la potestà di scelta discrezionale in ordine alla disposizione degli interessi e alla fissazione del precetto giuridico (v. da ultimo Cass. Sez. Un. 23436 del 2022), la situazione dedotta dall’odierno ricorrente, verificata alla luce del ‘petitum sostanziale’, ha innegabile consistenza di diritto soggettivo”.
– “Essa infatti non è intermediata dal potere amministrativo, ma soffre di limiti e condizioni previste esaustivamente e direttamente dalla legge la quale già contiene la definizione della gerarchia degli interessi e le modalità di relativa composizione; e, del resto, immediatamente e direttamente contro le stesse disposizioni della fonte di rango primario, impositiva dell’obbligo vaccinale, l’istante rivolge le proprie doglianze denunziando la lesione di diritti di rilevanza costituzionale, quali il diritto alla salute, al lavoro ed alla retribuzione, lesione che assume scaturire direttamente dalla legge della quale l’odierno ricorrente denunzia la incostituzionalità”.
A conclusioni analoghe, sebbene in ordine alla professione sanitaria, sono giunti, tra l’altro, anche: TAR Veneto, Sez. III, 19 ottobre 2022, n. 1601, TAR Sicilia – Catania, Sez. II, 15 dicembre 2022, n. 3261, TRGA – sede di Trento, 21 marzo 2022, n. 64; TAR Toscana, II, 17 febbraio 2022, n. 200; TAR Sicilia, I, 31 gennaio 2022, n. 284; TAR Friuli – Venezia Giulia, 21 dicembre 2022, n. 566; TAR Emilia – Romagna, Sez. I, 22 settembre 2023, n. 525; TAR Campania, Sez. VIII, 13 marzo 2023, n. 1614, e TAR Lombardia – Brescia, Sez. I, 5 giugno 2023, n. 495 che, condivisibilmente, rimarca come “la stessa Corte Costituzionale”, con la sentenza n. 16 del 9.2.2023, “nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, d.l. 1° aprile 2021, n. 44, conv., con modificazioni, nella l. 28 maggio 2021, n. 76, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. b), d.l. 26 novembre 2021, n. 172 – sollevate dal TAR Lombardia sede di Milano (con l’ord. n. 42/2022) nella parte in cui, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale, non limita la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria a quelle sole prestazioni o mansioni che implicano contatti personali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del COVID-19, (abbia) motivato la declaratoria di inammissibilità sul rilievo della sussistenza del “difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo regionale che le ha sollevate”. Ciò alla luce dei principi affermati dalla sopra citata ordinanza della Corte di cassazione, Sezioni Unite, 29 settembre 2022, n. 28429, espressamente richiamata, e quindi sul rilievo che “La controversia relativa alla sospensione dall’esercizio della professione sanitaria attiene ad un diritto soggettivo, non intermediato dall’esercizio del potere amministrativo: discendendo la sospensione automaticamente dall’accertato inadempimento dell’obbligo vaccinale, imposto come requisito essenziale dalla legge, la competenza sulle relative controversie è, dunque, del giudice ordinario, non di quello amministrativo” (Corte cost., n. 16 del 2023, cit., in senso analogo anche la sent. n. 15 dello stesso giorno).
Nello stesso senso si richiama anche la sentenza del T.A.R. Lazio Roma, sez. II, sent., 29/12/2023, n. 19925.
La controversia in esame corrisponde pienamente, ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione, a quella esaminata dalle SU della Cassazione civile (in particolare, n. 9403/2023, cit.), dal momento che anche nel giudizio odierno la ricorrente, in qualità di agente di Polizia Locale, ha rivendicato il proprio diritto soggettivo a non essere sospesa dalla professione in seguito all’inadempimento dell’obbligo vaccinale, così come previsto dall’art. 4-ter del d.l. n. 44/2021 e ss. mm. ii, ancorché l’Amministrazione non abbia mai formalmente notificato detta sospensione, ma ha impedito alla ricorrente di svolgere il proprio lavoro.
Alla luce delle considerazioni esposte sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo sulla controversia in esame la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il processo potrà essere riproposto nelle forme e nei termini di cui all’art. 11 c.p.a.

Note

TAR Sardegna, sez. I, n. 967 del 19.12.2023.

Redazione Il Personale

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