I costi del portavoce tra le spese del personale

Marcello Serra 2 Dicembre 2011
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Le spese per addetti stampa e portavoce degli enti locali non incontrano i limiti alle spese per collaborazioni e consulenze, bensì sono sottoposte ai tetti per le spese di personale.
La ridda di disposizioni normative parzialmente in sovrapposizione tra loro contenuta nella legge 122/2010 rende particolarmente incerto il quadro complessivo.
Si è, così, affermata la teoria secondo la quale nelle spese per collaborazioni e consulenze, da contenere entro il 20% di quanto speso allo stesso titolo nel 2009, rientrerebbe quanto erogato per gli incarichi ai portavoce e addetti stampa.
A tale conclusione perviene, ad esempio, la Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia con deliberazioni n. 111/2011, e 142/2011, secondo le quali per l’incarico di «addetto stampa/portavoce» scattano i vincoli di spesa introdotti dal comma 7 dell’articolo 6 del dl 78/2010, convertito in legge 122/2010 ove l’attività del portavoce non si esaurisca nel servizio di informazione dell’utenza in ordine alle attività poste in essere dal comune.
Secondo la sezione Lombardia, infatti, l’attività del portavoce del sindaco è da collocare nell’area delle collaborazioni autonome. Di conseguenza gli enti locali non possono programmare e destinare per tale attività una spesa superiore al 20% di quella sostenuta nell’anno 2009.
A conclusioni del tutto diverse, invece, giunge la Corte dei conti, sezione regionale di controllo della Liguria, con la delibera 70/2011.
Il parere della sezione ligure, in modo più lineare e condivisibile, nota che le figure del portavoce e dell’addetto stampa sono previste dalla legge 150/2000, la quale consente agli enti di acquisire tali soggetti anche mediante gli incarichi di cui all’articolo 7, comma 6, del dlgs 165/2001, dunque anche attivando contratti di lavoro autonomo e non subordinato.
Il portavoce ha lo scopo di collaborare in prima persona con gli organi di governo per mantenere i rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi d’informazione.
L’addetto stampa cura, invece, materialmente il flusso delle notizie ed informazioni che l’ente intende portare a conoscenza dei terzi.
Secondo la sezione Liguria «le caratteristiche sopra descritte rendono dunque evidente che la spesa che grava sul bilancio dell’ente in conseguenza dell’attribuzione al portavoce dell’indennità prevista dal comma 2 dell’art. 7 della legge n. 150 del 2000 esula in realtà dalla disciplina degli incarichi di studio e di consulenza di cui all’art. 6, comma 7, del decreto legge n. 78 del 2010».
Il parere della sezione Liguria si lascia certamente preferire alla posizione suggerita dalla sezione Lombardia, ma non individua un punto fondamentale. Acclarato che gli incarichi in questione non sono né uno studio, né una consulenza, ma attività operative tendenti ad un prodotto finale (la costruzione di un flusso di relazioni ed informazioni con gli organi di stampa, i media e i cittadini), occorreva spingersi oltre e individuare se e quali limiti alla spesa sono previsti.
Gli incarichi a portavoce e addetto stampa costituiscono un’eccezione alla regola secondo la quale le amministrazioni non possono attivare la forma delle collaborazioni per avvalersi di attività lavorative subordinate. L’eccezione è implicitamente disposta proprio dalla legge 150/2000.
Pertanto, si tratta di prestazioni lavorative vere e proprie. Come tali, allora, esse subiscono i limiti imposti dalle norme che obbligano al contenimento delle spese per contratti flessibili e cioè l’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006 e il tetto, applicabile solo come principio, del 50% della spesa per contratti flessibili sostenuta nel 2009, previsto dall’articolo 9, comma 28, della legge 122/2010.

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