1. All’attribuzione di mansioni superiori non consegue, neppure temporaneamente, l’acquisizione della categoria/area superiore del dipendente chiamato a svolgerle.
Recentemente, il Tar Calabria, Reggio Calabria, con sentenza 20 gennaio 2023, n. 91, ha respinto il ricorso di un dipendente inquadrato nella categoria C di un’azienda sanitaria locale, che aveva presentato domanda di concorso per l’accesso alla dirigenza, per il quale era necessario lo svolgimento di almeno 5 anni di attività lavorativa nella categoria D. Nonostante tale dipendente fosse stato adibito a mansioni superiori a lungo, il Tar non ha potuto far altro che rilevare l’assenza del requisito dello svolgimento dell’attività lavorativa nel necessario inquadramento, cioè in categoria D, specificando che “nel pubblico impiego contrattualizzato il giudicato di accertamento dello svolgimento di mansioni superiori non comporta l’acquisizione della miglior qualifica, ma solo la condanna al pagamento delle differenze retributive, ciò del resto è in linea con la previsione di cui all’art 52 del D.lgs. n. 165 del 2001 secondo cui l’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione e con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui l’esercizio di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza stante l’espressa deroga all’art. 2103 c.c., nel lavoro pubblico contrattualizzato non attribuisce il diritto all’assegnazione definitiva delle stesse con il riconoscimento della superiore qualifica (cfr. Cassazione civile sez. lav. – 10/03/2020, n. 6756; Consiglio di Stato sez. III, 31/05/2021, n. 4172)”. Da ciò consegue che “le mansioni superiori a quelle proprie della qualifica rivestita svolte dal ricorrente non potevano essere valorizzate ai fini del riconoscimento del possesso del requisito di cui si è detto legittimandone l’ammissione al concorso, dato che il bando si riferiva chiaramente al servizio prestato in posizioni funzionali o in qualifiche funzionali di settimo, ottavo o nono livello, dovendo quindi evidentemente correlarsi tale servizio a quello reso nella posizione o qualifica formale rivestita, con esclusione quindi di servizi svolti in mansioni superiori a quelle proprie della posizione di inquadramento giuridico posseduta”.
Pertanto, l’adibizione a mansioni superiori potrebbe avere rilievo ai fini delle progressioni orizzontali o verticali, ove i criteri selettivi riguardino anche le esperienze lavorative, ma non per i requisiti di accesso ai concorsi pubblici. In altri termini, il requisito di anzianità in una determinata categoria/area professionale eventualmente richiesto dal bando per l’ammissione ad una procedura selettiva pubblica non può essere integrato dagli anni di servizio espletati nella stessa in virtù dell’attribuzione di mansioni superiori.
2. Per il riconoscimento della differenza retributiva, non serve l’atto formale di attribuzione, ma è sufficiente l’esercizio di fatto delle mansioni superiori (Corte di Cassazione Civile, sentenza n. 14808/2020; Corte di Cassazione Civile, sentenza n. 1496/2022).
In particolare, la Corte di Cassazione sostiene che “con giurisprudenza consolidata (v. tra le più recenti Cass. 31 ottobre 2019, n. 28112; Cass. 24 gennaio 2019, n. 2102; Cass. 29 novembre 2016, n. 24266 ed in fattispecie del tutto analoghe alla presente, Cass. 33135 del 2019 cit. e Cass. 20 novembre 2019, n. 30232) dalla quale non vi è ragione di discostarsi, non fornendo il ricorrente elementi per mutare orientamento, questa Corte ha affermato che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica – anche non immediatamente – superiore a quella di inquadramento formale comporta in ogni caso, in forza del disposto dell’art. 52, comma 5, d.lgs. del 30 marzo 2001, n. 165, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore; tale diritto non è condizionato alla legittimità dell’assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operativa del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost.”
3. Il diritto allo svolgimento di mansioni superiori non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni (vacanza del posto in organico, concorso bandito, atto formale di attribuzione delle mansioni superiori). La verifica delle mansioni superiori rappresenta un accertamento di fatto condotto dal giudice ordinario sul contenuto delle mansioni svolte dal lavoratore tra la categoria di appartenenza e quella di cui se ne reclama lo svolgimento prevalente (Corte di Cassazione, sentenza n. 2275/2021; Corte di Cassazione, ordinanza n. 2478/2021; Corte di Cassazione, ordinanza n. 30320/2021; Corte di Cassazione, ordinanza n. 25848/2022).
In materia di pubblico impiego contrattualizzato, il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscersi nella misura indicata nell’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, “non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni o alle previsioni dei contratti collettivi, né all’operatività del nuovo sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (v. Cass. n. 2102 del 2019; Cass. n. 18808 del 2013). Si è ulteriormente precisato che, in tema di impiego pubblico contrattualizzato, il diritto a percepire la retribuzione commisurata allo svolgimento, di fatto, di mansioni proprie di una qualifica superiore a quella di inquadramento formale, ex art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla legittimità, né all’esistenza di un provvedimento del superiore gerarchico, e trova un unico limite nei casi in cui l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto Corte di Cassazione – copia non ufficiale di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento.”
4. Si parla di “mansioni superiori” soltanto in caso di svolgimento di tali mansioni in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale.
Si richiama, a tale proposito, la sentenza del Tar Lazio, sez. I, 30 giungo 2022, n. 8952, in cui il giudice respinge il ricorso per il riconoscimento di mansioni superiori della qualifica di collaboratore amministrativo contabile di un operatore esperto dei vigili del fuoco che era stato nominato per 5 anni sostituto consegnatario con decreto del capo dipartimento. Il Tar sancisce che quello di sostituto consegnatario è un incarico (non una mansione) espletato nei periodi di temporanea assenza o di impedimento del titolare, rendendo perciò palese il difetto del presupposto della prevalenza delle superiori mansioni (sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale), previsto dall’art. 52 del d.lgs. 30 marzo2001, n. 165.
5. Per quanto riguarda il compenso aggiuntivo da attribuire al dipendente destinatario di mansioni superiori, si richiama l’orientamento applicativo Aran RAL126, sulla base del quale esso è pari alla differenza tra il trattamento economico stipendiale iniziale del profilo rivestito e quello, sempre iniziale, corrispondente al profilo cui sono correlate le mansioni superiori affidate e viene aggiunto al normale trattamento economico in godimento del dipendente (posizione economica nella categoria/area di provenienza ed eventuale RIA). “Pertanto, se, ad esempio, il dipendente è inquadrato nella categoria C, posizione economica C5, il compenso pari alla differenza tra il trattamento stipendiale iniziale della categoria C, corrispondente alla posizione economica C1, e quello iniziale della categoria D, corrispondente alla posizione economica D1, si aggiungerà al trattamento economico stipendiale corrispondente alla posizione economica C5.”
In questo senso, viene fornito riscontro ad un recentissimo parere di un ente locale nel portale lapostadelsindaco.it, al quale si rinvia.
Per completezza di trattazione dell’argomento, si rileva, tuttavia, che la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 13 ottobre 2022, n. 30053 ha riconosciuto alla ricorrente (che rivendicava il differenziale tra i due trattamenti iniziali delle categorie) il trattamento per la qualifica superiore “specificato in sede collettiva nel differenziale che rispetto al trattamento iniziale corrispondente alle mansioni superiori assegnate risulta dalla detrazione del trattamento iniziale della qualifica di appartenenza ‘fermo rimanendo la posizione economica di appartenenza e quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità’, inciso che, secondo la plausibile interpretazione accolta dalla Corte territoriale e non specificamente confutata dalla ricorrente, va inteso come tale da fondare l’inclusione dell’importo relativo alla posizione economica di appartenenza nella somma da detrarre ai fini della determinazione del trattamento differenziale.”
La Cassazione ha quindi, in tale sede, ritenuto che PEO e RIA vadano incluse nella somma da detrarre ai fini della determinazione del trattamento differenziale.
Altra importante questione attinente il trattamento economico è stata affrontata nel parere Aran CFL163, a seguito della richiesta di un ente di quale sia il trattamento economico spettante ad un lavoratore a cui siano state assegnate le mansioni superiori, qualora si assenti per ferie o malattia.
Aran ha risposto che “nel caso di fruizione di giornate di ferie, nonché nei casi di assenza imputabile a malattia, infortunio o permesso per motivi personali, il trattamento retributivo differenziale connesso all’espletamento di mansioni superiori non debba essere corrisposto in quanto, nelle predette giornate, la prestazione lavorativa non viene effettuata. Diversamente, si ritiene che il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori debba essere erogato in occasione delle festività e delle giornate di riposo settimanale in quanto tali giornate non interrompono la necessaria continuità nell’esercizio delle mansioni superiori.”
6. L’articolo 8 del CCNL 14.9.2000 ritiene possibile che al dipendente di categoria C [N.D.R. Ora Area Istruttori], assegnato a mansioni superiori della categoria D [N.D.R. Ora Area Funzionari ed Elevate Qualificazioni], possano essere conferiti, ricorrendone le condizioni e nel rispetto dei criteri predefiniti dagli enti, gli incarichi di cui agli articoli da 8 a 11 del CCNL del 31.3.1999 [N.D.R. Ora da 16 a 19 del CCNL 16.11.2022], con diritto alla percezione dei relativi compensi.
Tuttavia, la condizione essenziale per la debenza della retribuzione di posizione, anche in caso di mancanza o illegittimità del provvedimento formale di attribuzione, è la preliminare istituzione della posizione organizzativa (oggi Elevata Qualificazione) da parte dell’ente, in presenza della quale – ove le mansioni e le responsabilità siano effettivamente esercitate -devono essere riconosciute le rispettive spettanze economiche (Corte di Cassazione, n. 814172018; Corte di Cassazione, ordinanza n. 10194/2023).
In quest’ultima sentenza, “è stato in particolare precisato che nel pubblico impiego privatizzato, la posizione organizzativa si distingue dal profilo professionale e individua nell’ambito dell’organizzazione dell’ente funzioni strategiche e di alta responsabilità che giustificano il riconoscimento di un’indennità aggiuntiva; ove il dipendente venga assegnato a svolgere le mansioni proprie di una posizione organizzativa, previamente istituita dall’ente, e ne assuma tutte le connesse responsabilità, la mancanza o l’illegittimità del provvedimento formale di attribuzione non esclude il diritto a percepire l’intero trattamento economico corrispondente alle mansioni di fatto espletate, ivi compreso quello di carattere accessorio, che è diretto a commisurare l’entità della retribuzione alla qualità della prestazione resa (Cass. n. 8141/2018); […] deve, dunque, sussistere, quanto all’indennità di posizione organizzativa che qui rileva, una previa formale istituzione della stessa da parte dell’Amministrazione che costituisce condizione imprescindibile per poter, rispetto a questa, operare la suddetta valutazione di adeguatezza (si veda la citata Cass. n. 8141/2018); diversamente, si opererebbe una sostituzione del giudice alla P.A. nelle scelte ad essa riservate;
solo allorquando la posizione organizzativa sia stata istituita e si accerti che il dipendente abbia svolto con pienezza di poteri le mansioni connesse all’incarico, assumendone la relativa responsabilità, non è corretto valorizzare quei compiti ai soli fini della comparazione fra i livelli di inquadramento (quello posseduto dal dipendente e quello sotteso alla posizione organizzativa), riconoscendo l’esercizio di fatto delle mansioni superiori, ma escludendo al tempo stesso il conferimento, sempre in via di fatto, della posizione in discussione”
Con il parere CFL140, Aran ha risposto ad un ente che chiedeva se tra i compensi spettanti all’incaricato di posizione organizzativa di categoria C (nei casi di impossibilità di attribuzione a dipendenti di categoria D), possano essere riconosciute anche le mansioni superiori. Nello specifico, Aran ha risposto, in vigenza del CCNL 31.5.2018, che “al dipendente deve essere erogata la sola retribuzione di posizione e di risultato previste per la posizione organizzativa che viene conferita al dipendente di categoria C nonché, sussistendone i presupposti, anche i compensi aggiuntivi dell’art.18 del medesimo CCNL del 21/05/2018, con esclusione di ogni altro compenso o elemento retributivo, ivi compreso quello per mansioni superiori, di cui all’art. 8 del CCNL del 14/09/2000. Si ritiene, comunque, che siano sempre fatti salvi i casi in cui sussistano i presupposti di legge di cui all’art 52, comma 2, del Dlgs 165/01.”
Tale parere risulta applicabile anche in vigenza dell’attuale CCNL, che prevede analoga disposizione all’art. 19, comma 4 (“Il dipendente appartenente all’area degli Istruttori, cui sia stato conferito un incarico di EQ, ai sensi del comma 3, ha diritto alla sola retribuzione di posizione e di risultato previste per l’incarico di EQ nonché, sussistendone i presupposti, anche ai compensi aggiuntivi dell’art. 20 -Compensi aggiuntivi ai titolari di incarichi di EQ -, con esclusione di ogni altro compenso o elemento retributivo, ivi compreso quello per mansioni superiori di cui all’art. 8 del CCNL del 14.09.2000.”)
7. L’assegnazione del lavoratore a mansioni superiori è espressione di un potere esercitabile in via unilaterale del datore di lavoro pubblico, non richiedendo mai formalmente ed espressamente il preventivo consenso del dipendente stesso (parere Aran RAL 1945).
In caso di rifiuto all’esercizio delle mansioni superiori affidategli, si configura un inadempimento contrattuale e, in quanto tale, comportamento disciplinarmente punibile dal datore di lavoro.
Il citato parere richiama alcune pronunce giurisprudenziali che hanno previsto alcune deroghe all’impossibilità di rifiuto del lavoratore, tutte sostanzialmente riconducibili a casi in cui il datore di lavoro ha esercitato illegittimamente il proprio potere datoriale; occorre, pertanto, accertare anzitutto la qualifica e le mansioni del dipendente al fine di stabilire il corretto esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro.
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