I tagli alla spesa cambiano anche la contrattazione

Marcello Serra 13 Agosto 2012
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Le manovre di riduzione della spesa spesa pubblica hanno portato, come per altro avvenuto in altri Paesi europei, a introdurre misure straordinarie di contenimento della spesa per il personale (oggi intorno ai 167 miliardi l’anno) attraverso il blocco delle retribuzioni e dei contratti collettivi. L’attuale contesto economico potrebbe, pertanto, indurre a pensare che le relazioni sindacali vengano di fatto sospese o che non ci saranno più fino a quando non vi saranno i rinnovi contrattuali con le abbondanti risorse del passato. Una visione, a parere di chi scrive, errata.
Dal punto di vista normativo il quadro è mutato fortemente negli ultimi anni. Di recente l’intesa promossa dal ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione del maggio 2012 si era posta l’obiettivo di definire un «nuovo modello di relazioni sindacali», che avrebbe dovuto trovare attuazione attraverso una legge delega. Nel frattempo è intervenuto il Dl 95/2012, in maniera non proprio lineare. La consultazione, prevista all’articolo 6 del Dlgs 165/2001 su organizzazione e disciplina degli uffici, nonché consistenza e variazione delle dotazioni organiche, viene sostituita dall’informazione, mentre si prevede l’esame congiunto «sui criteri per l’individuazione degli esuberi o sulle modalità per i processi di mobilità». Interventi certamente contraddittori. Al contempo, però, l’articolo 33 del Dlgs 165/2001 prevede al comma 6 che i contratti collettivi possono stabilire criteri generali e procedure per consentire la gestione delle eccedenze di personale.
Dall’altro lato il comma 19 del l’articolo 2 del Dl 95/2012 stabilisce come «nelle more della disciplina contrattuale successiva all’entrata in vigore del presente decreto è comunque dovuta l’informazione alle organizzazioni sindacali su tutte le materie oggetto di partecipazione sindacale previste dai vigenti contratti collettivi». Ciò produrrà due effetti: da un lato farà rivivere i contratti collettivi precedenti dal punto di vista delle materie individuate dagli stessi e dal l’altro, probabilmente, spingerà i sindacati a chiedere una tornata contrattuale a esclusivo contenuto normativo per ottenere forme di partecipazione rafforzate.
Ma probabilmente ciò che mette in crisi le relazioni sindacali e le spinge a un profondo rinnovamento è il nuovo quadro finanziario che paradossalmente riesce a realizzare quella convergenza tra pubblico e privato che i giuslavoristi negli anni 90 avevano affidato solo al mutamento delle fonti. Il blocco dei contratti collettivi previsto dal Dl 78/2010 e il contenimento delle dinamiche retributive aprono una nuova fase storica in cui il rinnovo dei contratti non è una variabile indipendente, da finanziare in deficit come avvenne dal 1998 al 2007. Nell’era in cui gli enti pubblici possono fallire e i maggiori costi devono essere coperti con incrementi di aliquote fiscali, devono cambiare le strategie e le relazioni sindacali che non possono fondarsi sulle tradizionali materie e sulle tradizionali forme di partecipazione sindacale.
La trasparenza totale dovrà consentire soprattutto agli stakeholders più importanti della società, come le organizzazioni sindacali, di partecipare in termini generali al governo degli enti e non tanto alla sola gestione del personale come accaduto in passato. Una strategia che parta dagli interessi dei cittadini e non solo da quelli dei lavoratori. Così nell’era della spending review un grande spazio potrà avere il contratto integrativo, come contratto di prossimità, utilizzando le risorse dell’articolo 16 del Dl 98/2011, come confermato anche dall’articolo 5 del Dl 95/2012.
Il tutto per accompagnare processi ineludibili di ridisegno delle pubbliche amministrazioni. Come avviene nel settore privato, per tutelare il lavoro occorre salvaguardare i servizi e lo svolgimento delle funzioni a maggior ragione se queste sono pubbliche.

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