I tre pilastri concettuali del documento della Funzione pubblica

Il documento elaborato dalla Funzione pubblica suddivide le attività vietate ai dipendenti pubblici in tre macroaree

25 Ottobre 2023
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Il documento elaborato dalla Funzione pubblica suddivide le attività in tre macroaree:
1) Incarichi vietati ai dipendenti pubblici a tempo pieno e a tempo parziale superiore al 50% del tempo pieno: a questi dipendenti sono vietate le attività che presentano le caratteristiche della ABITUALITA’ E PROFESSIONALITA’ e/o che sono in CONFLITTO DI INTERESSE, ANCHE POTENZIALE, con l’attività istituzionale.
Il divieto opera in presenza anche di una sola di queste due caratteristiche;
2) Incarichi vietati ai dipendenti pubblici a tempo parziale pari o inferiore al 50% del tempo pieno: a questi dipendenti sono consentite le attività che presentano le caratteristiche della ABITUALITA’ E PROFESSIONALITA’, purchè non siano in conflitto di interesse, anche potenziale, con l’attività istituzionale;
3) Incarichi vietati ai dipendenti pubblici a prescindere dal regime orario di lavoro: vengono elencate alcune attività che sono comunque vietate a tutti i dipendenti pubblici indipendentemente dal regime orario, ossia vietate in riferimento a parametri diversi da quelli che differenziano i punti 1) e 2) di cui sopra.

Proviamo ad addentrarci nel contenuto delle macroaree, specificando i significati dei due principi della abitualità e professionalità e del conflitto di interessi.
a) ABITUALITA’ E PROFESSIONALITA’
Significa sistematicità/non occasionalità e continuità (ossia non sporadicità), senza necessariamente comportare che tale attività sia svolta in modo permanente ed esclusivo. In questo contesto, rientrano:
– le attività di cui all’art. 60 del d.P.R. 3/1957, secondo il quale l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati  o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società, o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione  del ministro competente;
– gli incarichi che, sebbene considerati singolarmente e isolatamente non diano luogo ad una situazione di incompatibilità, considerati complessivamente nell’ambito dell’anno solare, configurano invece un impegno continuativo con le caratteristiche della abitualità e professionalità, tenendo conto della natura degli incarichi e della remunerazione previsti

Sono invece escluse dal divieto e quindi sono consentiti:
– l’assunzione di cariche nelle società cooperative;
– i casi in cui sono le disposizioni di legge che espressamente consentono o prevedono per i dipendenti pubblici la partecipazione e/o l’assunzione di cariche in enti e società partecipate o controllate;
– l’assunzione di cariche nell’ambito di commissioni, comitati, organismi presso amministrazioni pubbliche, sempre che l’impegno richiesto non sia incompatibile con il debito orario e/o con l’assolvimento degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro;
– altri casi speciali oggetto di valutazione nell’ambito di atti interpretativi/di indirizzo generale.

b) CONFLITTO DI INTERESSI, ANCHE POTENZIALE
La legge n. 190/2012 ha introdotto l’art. 6-bis della legge n. 241/1990, il cui comma 1 prevede che il responsabile del procedimento e  i  titolari  degli  uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni  tecniche,  gli  atti endoprocedimentali e il provvedimento finale debbano astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione  di  conflitto, anche potenziale.
L’astensione è altresì prevista dall’art. 7 del codice di comportamento nazionale dei dipendenti pubblici (d.P.R. n. 62/2013 ss.mm.), secondo il quale il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente . [n.d.r. situazioni tipiche].  Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza [n.d.r. situazioni atipiche]. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza.

Ma cosa si intende per conflitto di interesse reale o potenziale?

Il CONFLITTO DI INTERESSI REALE è la situazione che si presenta quando un interesse particolare («particolare» e non meramente «personale» poiché potrebbe non essere un interesse proprio del soggetto agente, bensì del partito al quale è iscritto, del sindacato, ecc.) interferisce con l’interesse della pubblica amministrazione che il soggetto agente è tenuto a perseguire in via esclusiva, indipendentemente dall’eventuale correttezza del comportamento adottato in concreto.
IL CONFLITTO DI INTERESSE POTENZIALE è la situazione che si presenta quando un interesse particolare potrebbe favorire l’insorgere di un rapporto di favore o comunque di non indipendenza e imparzialità, quindi interferendo potenzialmente con l’interesse della pubblica amministrazione che il soggetto agente è tenuto a perseguire in via esclusiva indipendentemente dall’eventuale correttezza del comportamento adottato in concreto (trattasi di situazioni non tipizzate ma idonee a determinare il rischio ad evolvere in un conflitto reale: ad es. pregresse frequentazioni abituali).
Secondo ANAC, si realizza, invece, un CONFLITTO DI INTERESSI STRUTTURALE, quando il conferimento di un incarico nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato regolati, finanziati o in controllo pubblico, sia formalmente in linea con le disposizioni del d.lgs. n. 39/2013 e, tuttavia, configuri una situazione di conflitto di interessi non limitata a una tipologia di atti o procedimenti, ma generalizzata e permanente (c.d. strutturale, in relazione alle posizioni ricoperte e alle funzioni attribuite).
E’ una situazione di incompatibilità non tipizzata dalla legge, in cui l’astensione non è sufficiente ad eliminare la situazione di conflitto, in quanto questa è, appunto, strutturale, ossia in relazione alle posizioni ricoperte e alle funzioni attribuite, e non a singoli procedimenti.
Anche in tali casi, le amministrazioni devono valutare attentamente l’opportunità del conferimento dell’incarico, ovvero predisporre idonei presidi di prevenzione del rischio (es. la segregazione delle funzioni)

Tornando al documento della Funzione pubblica, il conflitto di interesse rappresenta proprio un criterio sulla base del quale gli incarichi extra dei dipendenti pubblici devono essere valutati ai fini di poter essere o meno autorizzati.
Le fattispecie di conflitto di interesse, anche potenziale, che la Funzione pubblica elenca nel documento sono le seguenti, sussistendo le quali, l’incarico non può essere autorizzato.
– Gli incarichi che si svolgono a favore di soggetti nei confronti dei quali la struttura di assegnazione del dipendente ha funzioni relative al rilascio di concessioni o autorizzazioni o nulla-osta o atti di assenso comunque denominati, anche in forma tacita;
– Gli incarichi che si svolgono a favore di soggetti fornitori di beni o servizi per l’amministrazione, relativamente a quei dipendenti delle strutture che partecipano a qualunque titolo all’individuazione del fornitore;
– Gli incarichi che si svolgono a favore di soggetti privati che detengono rapporti di natura economica o contrattuale con l’amministrazione, in relazione alle competenze della struttura di assegnazione del dipendente, salve le ipotesi espressamente autorizzate dalla legge;
– Gli incarichi che si svolgono a favore di soggetti privati che abbiano o abbiano avuto nel biennio precedente un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza (c.d. periodo di raffreddamento) [vedi anche art. 6 del codice nazionale di comportamento sulla comunicazione degli interessi finanziari e conflitti di interesse];
– Gli incarichi che si svolgono nei confronti di soggetti verso cui la struttura di assegnazione del dipendente svolge funzioni di controllo, di vigilanza o sanzionatorie, salve le ipotesi espressamente autorizzate dalla legge;
– Gli incarichi che per il tipo di attività o per l’oggetto possono creare nocumento all’immagine dell’amministrazione, anche in relazione al rischio di utilizzo o diffusione illecita di informazioni di cui il dipendente è a conoscenza per ragioni di ufficio [vedi anche art. 10 del codice nazionale di comportamento];
– Gli incarichi e le attività per i quali l’incompatibilità è prevista dal d.lgs. n. 39/2013 [inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico] o da altre disposizioni di legge vigenti;
– Gli incarichi che, pur rientrando nelle ipotesi di deroga dall’autorizzazione di cui all’art.53, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, presentano una situazione di conflitto di interesse;
– In generale, tutti gli incarichi che presentano un conflitto di interesse per la natura o l’oggetto dell’incarico o che possono pregiudicare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.
E’ da sottolineare come la Funzione pubblica attribuisca rilievo – nella valutazione del conflitto di interessi – alla posizione del soggetto destinatario dell’incarico: la valutazione dovrà, infatti, essere operata dall’amministrazione tenendo presente la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la sua posizione nell’ambito dell’amministrazione, la competenza della struttura di assegnazione e di quella gerarchicamente superiore, le funzioni attribuite o svolte in un tempo passato ragionevolmente congruo.

La terza macroarea di attività enucleata dalla Funzione pubblica riguarda quelle ATTIVITÀ VIETATE A TUTTI I DIPENDENTI PUBBLICI, indipendentemente dall’orario di lavoro svolto, e pur in assenza dei due criteri di cui sopra (abitualità e professionalità/conflitto di interessi):
– Gli incarichi, ivi compresi quelli rientranti nelle ipotesi di deroga dall’autorizzazione di cui all’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, che interferiscono con l’attività ordinaria svolta dal dipendente pubblico in relazione al tempo, alla durata, all’impegno richiestogli, tenendo presenti gli istituti del rapporto di impiego o di lavoro concretamente fruibili per lo svolgimento dell’attività; la valutazione va svolta considerando la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la posizione nell’ambito dell’amministrazione, le funzioni attribuite e l’orario di lavoro;
– Gli incarichi che si svolgono durante l’orario di ufficio o che possono far presumere un impegno o una disponibilità in ragione dell’incarico assunto anche durante l’orario di servizio, salvo che il dipendente fruisca di permessi, ferie o altri istituti di astensione dal rapporto di lavoro o di impiego;
– Gli incarichi che, aggiunti a quelli già conferiti o autorizzati, evidenziano il pericolo di compromissione dell’attività di servizio, anche in relazione ad un eventuale tetto massimo di incarichi conferibili o autorizzabili durante l’anno solare, se fissato dall’amministrazione;
– Gli incarichi che si svolgono utilizzando mezzi, beni ed attrezzature di proprietà dell’amministrazione e di cui il dipendente dispone per ragioni di ufficio o che si svolgono nei locali dell’ufficio, salvo che l’utilizzo non sia espressamente autorizzato dalle norme o richiesto dalla natura dell’incarico conferito d’ufficio dall’amministrazione;
– Gli incarichi a favore di dipendenti pubblici iscritti ad albi professionali e che esercitino attività professionale, salve le deroghe autorizzate dalla legge (art. 1, comma 56 bis della l. n. 662/1996);
La deroga di cui al comma 56 bis riguarda i dipendenti con rapporto di lavoro  inferiore o uguale al 50% del tempo pieno, ad eccezione degli avvocati per i quali vige il divieto di esercitare la libera professione anche in part time inferiore al 50%.
Lo stesso comma 56 bis prevede anche che ai dipendenti pubblici ISCRITTI AD ALBI PROFESSIONALI E CHE ESERCITINO ATTIVITÀ PROFESSIONALE non possono essere conferiti incarichi professionali dalle amministrazioni pubbliche; ossia se sono un dipendente pubblico iscritto ad albo professionale e che esercita attività professionale in quanto a part time non superiore al 50%, non posso svolgere un incarico a favore di una pubblica amministrazione.
Tuttavia, per i dipendenti degli enti locali vige una deroga a quest’ultimo divieto, disposta dall’art. 92, comma 1, del TUEL: se autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, questi possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
– Nel caso di rapporto di lavoro in regime di tempo parziale con prestazione lavorativa uguale o inferiore al 50% è precluso lo svolgimento di incarichi o attività che non siano stati oggetto di comunicazione al momento della trasformazione del rapporto o in un momento successivo (verifica del possibile conflitto di interessi).
Comunque, tutti gli incarichi per i quali, essendo necessaria l’autorizzazione, questa non è stata rilasciata, salva la ricorrenza delle deroghe previste dalla legge (art. 53, comma 6, lett. da a) a f-bis); comma 10 – casi di autorizzazione in silenzio assenso; comma 12 – secondo le indicazioni contenute nel P.N.A. 2019 per gli incarichi a titolo gratuito, d.lgs. n. 165 del 2001). Il dipendente è tenuto a comunicare formalmente all’amministrazione anche l’attribuzione di incarichi gratuiti, ai quali è esteso l’obbligo per le amministrazioni di comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica (art. 53, co. 12).

Gli incarichi c.d. liberalizzati

L’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 elenca, al comma 6, le attività che i dipendenti pubblici possono svolgere senza necessità di richiedere preventivamente l’autorizzazione al proprio ente:
a) collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; [n.d.r. frutto dell’esercizio della libertà personale costituzionalmente garantita]
b) utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; [n.d.r. frutto dell’esercizio della libertà personale costituzionalmente garantita]
c) partecipazione a convegni e seminari;
d) incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate [n.d.r. non rimborsi forfettari];
e) incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f) incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
f-bis) attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica [n.d.r. docenza come attività di divulgazione in virtù della utilità della professionalità acquisita dal dipendente pubblico, ad una platea non necessariamente formata da dipendenti pubblici].
Il documento della Funzione pubblica cita queste attività in più occasioni, al fine di affermare che questi incarichi, pur non essendo soggetti ad autorizzazione, divengono addirittura vietati qualora si ravvisi negli stessi un conflitto di interessi con l’attività istituzionale del dipendente, oppure qualora interferiscano con la stessa “in relazione al tempo, alla durata, all’impegno richiestogli, tenendo presenti gli istituti del rapporto di impiego o di lavoro concretamente fruibili per lo svolgimento dell’attività; la valutazione va svolta considerando la qualifica, il ruolo professionale e/o la posizione professionale del dipendente, la posizione nell’ambito dell’amministrazione, le funzioni attribuite e l’orario di lavoro”.
Da qui, si capisce l’importanza di inserire nei regolamenti in relazione a tali incarichi:
– l’obbligo di comunicazione degli stessi entro un determinato periodo antecedente lo svolgimento, al fine di consentire all’amministrazione di effettuare le eventuali opportune verifiche sul conflitto di interessi;
– la valutazione dell’opportunità, anche rispetto alle casistiche che si sono storicamente presentate nell’ente, dell’inserimento di limiti che contemperino la libertà sancita dal comma 6 con le esigenze dell’organizzazione (p.e. limiti in termini di tempo oppure compensi).

Leggi sulla medesima questione:

Parte 1: “Le fonti di regolazione della materia e la giurisdizione”
Parte 3: “Il procedimento di autorizzazione e le sanzioni in caso di violazione delle norme”

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