Il benchmark per gli statali? Il presidente della Cassazione

Gli stipendi dei manager di Stato

Marcello Serra 1 Agosto 2012
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Si chiama Ernesto Lupo, è un giurista di fama (ha diretto, tra l’altro, la Gazzetta Ufficiale) ed è nato 73 anni fa a San Mauro la Bruca, in provincia di Salerno. Ma la sua caratteristica più interessante agli occhi di chi occupa le poltrone più alte nelle aziende di Stato è lo stipendio: 294mila euro lordi all’anno, in base alle ultime comunicazioni della Funzione pubblica, dopo che le cure nel nome dell’austerità hanno limato il valore precedente di 304.951,95 euro.
Lupo è il primo presidente della Corte di Cassazione e la sua busta paga è la pietra di paragone di tutti gli altri stipendi pubblici. Una stella polare che, dopo il passaggio in Senato del decreto legge sulla revisione di spesa, riguarda anche i compensi degli amministratori e di tutti i dipendenti delle società partecipate dal ministero dell’Economia. Nato in casa Lega, il correttivo guarda prima di tutto alla Rai, dopo l’ormai tradizionale polemica sugli stipendi dei manager seguita alla nomina del nuovo direttore generale Luigi Gubitosi (650mila euro lordi all’anno). La tagliola, che come chiarisce l’emendamento si applicherà solo dai prossimi contratti, darà anche un’altra limatura al compenso del presidente della Tv di Stato, che con il rinnovo dei vertici è già sceso dai 448mila euro di Paolo Garimberti ai 366mila di Anna Maria Tarantola.
Sempre che, naturalmente, tutto funzioni a dovere, particolare da non dare per scontato quando si tratta di tarpare le ali ai compensi dei vertici di Stato. Il compenso del primo presidente della Corte di Cassazione era salito agli onori della cronaca già ai tempi del predecessore di Lupo, Vincenzo Carbone, perché il taglio ai trattamenti economici dei grand commis è diventato fin da subito un ingrediente irrinunciabile delle manovre anti-crisi. A inaugurare la tradizione era stato addirittura il Governo Prodi, nella Finanziaria del 2008, ma la sua attuazione, regolata solo due anni dopo, si è rivelata troppo flessibile. Da lì un fiorire di norme che estende il tetto a tutti, dai servizi di intelligence alla Rai: ora si tratta di applicarli.

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