Il 19 novembre è stata pubblicata la sentenza della Corte costituzionale n. 236, che risolve il dubbio di legittimità sulla previsioni dell’art. 11 del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012 n. 190), in relazione all’art. 10, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo, «perché la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli artt. 2, 4, secondo comma, 51, primo comma e 97, secondo comma della Costituzione».
La disposizione su cui la Corte si è pronunciata, intitolata «Sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità» stabilisce che sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma I dell’art. 10 (presidenti degli enti locali, sindaci, consiglieri, etc.) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 10, comma I, lettere a), b) e c).
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