di G. Crepaldi (ilpersonale.go-vip.net 3/2/2016)
La Corte costituzionale, con sentenza 5 novembre 2015, n. 218, è intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 5, del d.l. 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma I, della legge 11 agosto 2014, n. 114, promosso dalla Regione Veneto.
Secondo la Regione, tale norma, nella parte in cui stabilisce che negli anni 2014 e 2015 le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno procedono ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 60 per cento di quella relativa al personale di ruolo cessato nell’anno precedente», disponendo l’abrogazione dell’art. 76, comma VII, del d.l., 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dall’art. 1, comma I, della legge 6 agosto 2008, n. 133, sarebbe costituzionalmente illegittima in quanto sostituirebbe alla precedente normativa, già di dubbia costituzionalità, una disciplina di dettaglio in materia di “coordinamento della finanza pubblica”, sicuramente non conforme alle indicazioni della giurisprudenza costituzionale e quindi in contrasto con l’art. 117, III comma, Cost.
La nuova normativa, inoltre, eliminando il divieto di assumere previsto dalla norma abrogata citata nei confronti dei soli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale sia pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti, ed imponendo a tutti gli enti gli stessi limiti alle assunzioni di personale, creerebbe un’ingiustificata discriminazione tra enti locali che abbiano coerentemente ed efficientemente perseguito il contenimento della spesa pubblica e quelli che invece abbiano, intenzionalmente o meno, sforato tale limite percentuale, in contrasto con i canoni di eguaglianza, ragionevolezza e buon andamento dell’amministrazione.
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