Il Garante sul decreto trasparenza “Una minaccia per la privacy”

Il ministro Patroni Griffi: “Esamineremo i paletti, ma il diritto alla riservatezza non può diventare un alibi”

Marcello Serra 9 Febbraio 2013
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«Ok alla trasparenza ma più tutela alle persone». Un sì condizionato che ha il sapore di una bocciatura, il Garante della privacy mette una serie di paletti allo schema del ministro per la Pubblica amministrazione e la semplificazione sugli obblighi di trasparenza della Pa. Pur condividendo lo spirito del decreto, l’Authority teme una diffusione sproporzionata di dati personali e mette in guardia dai rischi. Nel dare il suo parere favorevole, l’ufficio ha infatti chiesto che alcune norme vengano modificate, introducendo maggiori garanzie a tutela dei singoli. «Sui siti web della Pa non dovranno mai essere diffusi dati sulla salute e sulla vita sessuale; vanno esclusi dalla pubblicazione i dati identificativi dei destinatari dei provvedimenti dai quali si possano ricavare dati sullo stato economico-sociale degli interessati: si pensi al riconoscimento di agevolazioni economiche, alla fruizione di prestazioni sociali collegate al reddito, come l’esenzione dal contributo per le refezione scolastica o dal ticket sanitario, i benefici per portatori di handicap, il riconoscimento di sussidi ad anziani non autosufficienti, i contributi erogati per la cura di particolari malattie o per le vittime di violenza sessuale». Così come non appare giustificata la diffusione di dati non pertinenti rispetto alle finalità perseguite, quali ad esempio l’indirizzo di casa, il codice fiscale, le coordinate bancarie, la ripartizione degli assegnatari secondo le fasce Isee, informazioni sulle condizioni di indigenza. Più in generale, le pubbliche amministrazioni nel pubblicare atti o documenti dovranno rendere inintelligibili i dati personali. E i documenti pubblicati potranno essere rintracciabili solo con motore di ricerca interna al sito del soggetto pubblico. «Esamineremo il parere – dice il ministro Patroni Griffi – ma la privacy non può essere un alibi».

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