Il periodo di prova: finalità e disciplina contrattuale

Affrontiamo in questo articolo il periodo di prova dei pubblici dipendenti, attualmente disciplinato dall’art. 25 del CCNL 16.11.2022, che sostituisce l’art. 20 del CCNL 21.5.2018

22 Marzo 2023
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Affrontiamo in questo articolo il periodo di prova, attualmente disciplinato dall’art. 25 del CCNL 16.11.2022, che sostituisce l’art. 20 del CCNL 21.5.2018.

La finalità del periodo di prova

Benché il periodo di prova venga quasi sempre associato al vantaggio del datore di lavoro di verificare la capacità lavorativa del prestatore di lavoro, tale istituto presenta la finalità di sondare la reciproca convenienza delle parti alla prosecuzione del rapporto di lavoro. Anche il lavoratore, infatti, può, in tale periodo, verificare se entità della prestazione lavorativa e condizioni di svolgimento del rapporto soddisfano le proprie esigenze ed aspettative.

Si tratta, pertanto, di un periodo finalizzato a sperimentare la reciproca soddisfazione della collaborazione instaurata che, se giudicata positiva da entrambe le parti, conduce al consolidamento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato.

La durata del periodo di prova è contenuta nel contratto individuale di lavoro come previsto dal comma 2 dell’art. 24 del CCNL 16.11.2022.

La disciplina contrattuale

Ripercorriamo di seguito la disciplina del periodo di prova contenuta nel CCNL del 16.11.2022, sia per i lavoratori assunti a tempo indeterminato (art. 25) che per i lavoratori assunti a tempo determinato (art. 61, comma 2).

1. La durata

Il dipendente assunto a tempo indeterminato è soggetto ad un periodo di prova pari a:

  • Due mesi per i dipendenti inquadrati nell’Area Operatori e nell’Area Operatori Esperti;
  • Sei mesi per i dipendenti inquadrati nell’Area Istruttori e nell’Area Funzionari ed EQ.

La durata della prova è pertanto differenziata sulla base dell’Area di appartenenza.

Il dipendente assunto a tempo determinato può essere sottoposto ad un periodo di prova:

  • Non superiore a due settimane per i rapporti di durata fino a 6 mesi;
  • Non superiore a quattro settimane per i rapporti di durata otre i 6 mesi.

La durata della prova è qui, invece, determinata sulla base della durata del rapporto di lavoro.

Come evidenziato dal parere Aran CFC58a (riferito alle Funzioni Centrali, ma, per analogia, applicabile anche alle Funzioni Locali) ed evincibile dal testo letterale delle disposizioni contrattuali, mentre per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato il periodo di prova è obbligatorio, per quello a tempo determinato è facoltà dell’ente prevederlo nel contratto individuale. Questo parere, ci fornisce anche la chiave di lettura delle disposizioni contrattuali, esplicitando che esiste una disciplina generale del periodo di prova (nel nostro caso quella definita dall’art. 25 del CCNL per il tempo indeterminato) ed una disciplina particolare derogatoria per il tempo determinato (ossia quella definita dall’art. 61, comma 2).

La durata del periodo di prova prevista dalla contrattazione nazionale non può essere abbreviata dai singoli enti (vedi parere Aran RAL419).

Considerata la finalità del periodo di prova sopra descritta e, quindi, la necessità di effettivo svolgimento dell’attività lavorativa, per il calcolo del periodo, si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato; conseguentemente, qualsiasi periodo che determini una interruzione del servizio (quali malattia, ferie, permessi) non viene calcolato nella prova e il termine finale si ridetermina tenendo conto dei periodi di sospensione.

Qualora la sospensione sia dovuta a malattia, la stessa può essere protratta per un periodo massimo di sei mesi, decorso il quale, il datore di lavoro può (ma non è obbligato) risolvere il rapporto. Nel caso di infortunio o malattia per causa di servizio, invece, il dipendente ha diritto alla conservazione del posto fino alla guarigione clinica attestata dall’ente istituzionalmente preposto e comunque per un periodo non superiore a 18 mesi salvo proroga di ulteriori 18 mesi in casi particolarmente gravi.

Le assenze riconosciute dal CCNL come causa di sospensione del periodo di prova sono soggette allo stesso trattamento economico previsto per i dipendenti non in prova.

Si precisa che le assenze che determinano l’interruzione del periodo di prova sono solo quelle relative alle giornate in cui la prestazione deve essere ordinariamente resa; pertanto, i giorni festivi e prefestivi non devono essere sottratti dal calcolo del periodo di prova, rientrandovi a tutti gli effetti (vedi parere Aran ral423).

Il periodo di prova non può essere rinnovato o prorogato alla scadenza e, decorso il periodo di prova, il dipendente si intende confermato con riconoscimento dell’anzianità dal giorno dell’assunzione.

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2. Il recesso

Nel caso di rapporto a tempo indeterminato, decorsa la metà del periodo di prova, ciascuna parte può recedere dal rapporto senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso. Il recesso opera dal momento della comunicazione alla controparte.

In caso di rapporto a tempo determinato, in qualunque momento del periodo di prova, ciascuna parte può recedere dal rapporto senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva del preavviso.

Il libero recesso (senza obbligo di preavviso o indennità sostitutiva) di entrambe le parti è, quindi, possibile da parte sia del datore che del lavoratore dopo la metà del periodo di prova.

Prima di questo momento, la risoluzione anticipata, ad iniziativa del dipendente, può intervenire, salvo il caso della sussistenza di una giusta causa di dimissioni, solo nel rispetto dei termini di preavviso contrattualmente stabiliti o con il pagamento della relativa indennità sostitutiva. Ai sensi dell’art. 12 del CCNL 9.5.2006, la parte che riceve la comunicazione di risoluzione del rapporto ha la facoltà di risolvere il rapporto stesso sia all’inizio che durante il periodo di preavviso, rinunciando, quindi, in tutto o in parte allo stesso ed anche alla relativa indennità sostitutiva.

>> VEDI LA SEZIONE CCNL Funzioni Locali 2019-2021

L’Aran – nel proprio parere RAL430 – ha precisato che, prima del decorso della metà del periodo di prova, le parti possono, comunque, procedere anche alla risoluzione consensuale del rapporto, ove tale soluzione sia idonea a soddisfare i rispettivi reciproci interessi. In tal caso, evidentemente, le parti possono stabilire liberamente il momento in cui si determina l’effetto risolutivo, anche prescindendo completamente dalla disciplina del preavviso, in quanto la risoluzione è stata concordata tra le parti, sulla base di una adeguata valutazione dei rispettivi interessi.

Il recesso opera sempre dal momento della comunicazione alla controparte; a tale proposito, si ricorda che il recesso (atto unilaterale), qualunque sia la forma utilizzata (scritta, in modalità telematica o cartacea) produce effetti dal momento in cui la controparte ne è venuta a conoscenza (vedi parere CFL140b).

Qualora il recesso venga operato dal datore di lavoro, deve essere sempre motivato, ossia sussiste una tutela rafforzata a favore del lavoratore consistente nell’esplicitazione delle motivazioni sottostanti alla decisione dell’ente di recedere dal rapporto.

In caso di recesso, la retribuzione è corrisposta fino all’ultimo giorno di effettivo servizio compresi i ratei della tredicesima mensilità ove maturati.

3. La conservazione del posto

Il dipendente a tempo indeterminato (sia vincitore di concorso che assunto a seguito di scorrimento di graduatoria), durante il periodo di prova, ha diritto alla conservazione del posto, senza retribuzione, presso l’ente di provenienza per un arco temporale pari alla durata del periodo di prova formalmente prevista dalle disposizioni contrattuali applicate nell’amministrazione di provenienza.

L’Aran ha ritenuto che – in assenza di specifica disciplina volta ad escluderlo – tale diritto sussista anche nel caso di vincita di concorso presso lo stesso ente in cui il vincitore è già dipendente (parere RAL1958).

Il caso descritto astrattamente dalla disposizione è quello di un soggetto X, dipendente a tempo indeterminato dell’ente A,  assunto a tempo indeterminato da parte dell’ente B a seguito di concorso o scorrimento di graduatoria, che – nel corso del periodo di prova presso B mantiene la conservazione del posto presso A.

L’Aran ha previsto che il diritto alla conservazione presso l’ente di provenienza sussista per tutta l’effettiva durata del periodo di prova e non solo per il tempo, teorico, contrattualmente previsto per il periodo di prova presso l’amministrazione di nuova assunzione. Quindi la garanzia, si protrae fino a che il periodo di prova presso la nuova amministrazione non si sia completamente ed effettivamente concluso (parere RAL1944).

Affinché il diritto alla conservazione del posto possa operare, non vi deve essere interruzione tra la risoluzione del primo rapporto e l’inizio di quello successivo, nemmeno di un solo giorno; nel caso non vi sia continuità del rapporto, non è possibile applicare il beneficio della conservazione del posto (parere RAL428).

In caso di mancato superamento della prova o per recesso di una delle parti, il dipendente rientra, a domanda, nell’Area, profilo professionale e differenziale economico di professionalità di provenienza.  Tale tutela si applica non solo al dipendente che abbia subito il recesso ma anche nel caso di proprie dimissioni (parere RAL425).

Quindi, il soggetto X, assunto dall’ente B, qualora non superi in quest’ultimo il periodo di prova o attivi o subisca il recesso dal rapporto, ha diritto di chiedere all’ente A di essere reintegrato nell’inquadramento che aveva nello stesso e con il medesimo trattamento economico che aveva al momento dell’interruzione, compreso anche il differenziale economico maturato fino a quel momento.  Trattasi di una sorta di particolare riammissione in servizio, dal momento che il dipendente aveva estinto il precedente rapporto di lavoro; l’ente dovrà, infatti, procedere alla stipulazione di un nuovo contratto individuale di lavoro.

Il diritto alla conservazione del posto, oltre che ai dipendenti in prova provenienti dagli enti del comparto Funzioni Locali, si applica anche al dipendente in prova proveniente da un ente di un comparto diverso, a condizione che il CCNL preveda analoga disciplina. Quindi, anche in caso di provenienza da altro comparto di contrattazione collettiva, si applica il diritto, purché, nell’ambito della contrattazione collettiva di questo diverso comparto, vi sia una clausola di contenuto analogo che riconosca ai dipendenti vincitori di concorso in altro comparto di contrattazione, il diritto alla conservazione del posto nell’ente di provenienza, per la durata del periodo di prova (condizione di reciprocità).  (vedi parere CFL137 per Comparto Scuola)

Il diritto alla conservazione del posto non si applica, invece, nemmeno a dipendenti in servizio presso:

  • pubbliche amministrazioni non rientranti nell’art.1, comma 2, del D.Lgs.n.165/2001, ossia non appartenenti ad uno specifico comparto di contrattazione rientrante nella competenza dell’ARAN e rientrante tra i dipendenti delle amministrazioni ancora assoggettate a regime pubblicistico per gli aspetti concernenti il trattamento giuridico ed economico del proprio personale. (parere CFL53 per personale della carriera prefettizia);
  • altri soggetti istituzionali, che non siano pubbliche amministrazioni in senso stretto e non siano quindi riconducibili alla nozione di “comparto” (parere RAL1588 per personale di una Authority)

Vediamo ora cosa succede nel caso in cui il nostro soggetto X, assunto dall’ente B, vinca un ulteriore concorso nell’ente C prima della scadenza del periodo di prova nell’ente B.

Il comma 11 dell’art. 25 del CCNL 16.11.2022 prevede espressamente che il diritto alla conservazione del posto non si applica al dipendente a tempo indeterminato, vincitore di concorso, che non abbia ancora superato il periodo di prova nell’ente di appartenenza.

Qualora X abbia risolto, con formali dimissioni presentate durante il periodo di prova, il rapporto di lavoro presso la seconda amministrazione (B) a seguito di vincita di concorso presso un terzo ente (C), lo stesso non potrà conservare il diritto presso l’ente di provenienza (A), ma potrà avvalersi della tutela solo nei confronti del secondo ente (B), a condizione che sussistano i presupposti di cui all’art. 25, comma 10, del CCNL 16.11.2022. La tutela verso il primo ente di appartenenza (A) potrà essere garantita nel solo caso in cui il lavoratore in questione, prima di accettare la presa in servizio nel terzo ente (C), abbia chiesto di rientrare in servizio presso il predetto ente originario, recedendo dal rapporto di lavoro con il secondo ente (B). Solo dopo il rientro nel primo ente (A), potrebbe accettare la presa in servizio nel terzo ente (C), vedendosi garantita la tutela del periodo di prova (parere Aran CFL171).

4. I casi di esonero

Il CCNL – art. 25, comma 2 – prevede alcuni casi in cui i dipendenti possono (e non “devono”) essere esonerati dal periodo di prova, a condizione che vi sia il consenso dell’interessato; in particolare:

  • I dipendenti che lo hanno già superato nella stessa area e profilo professionale oppure in corrispondente profilo di altra amministrazione pubblica, anche di diverso comparto;
  • I dipendenti che risultino vincitori di procedure selettive per la progressione tra aree o categorie riservate al personale di ruolo, presso la medesima amministrazione; la norma fa espresso riferimento alle progressioni di cui all’art. 22, comma 15, del D.Lgs. 75/2017 (possibili fino allo scorso 31 dicembre 2022) e alle progressioni di cui all’art. 52, comma 1 bis del d.lgs. n. 165/2001.

In tali casi, qualora non venga previsto il periodo di prova, i dipendenti non possono godere della tutela della conservazione del posto, che è riservata al dipendente vincitore di concorso o comunque assunto a seguito di scorrimento di graduatoria presso altro ente o amministrazione “durante il periodo di prova”. Tuttavia – come evidenziato nel parere Aran CFL198 – il dipendente può sempre negare il consenso all’esonero del periodo di prova e svolgere regolarmente lo stesso, beneficiando conseguentemente del diritto alla conservazione del posto.

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