Sarà il nuovo parlamento a occuparsi del riordino delle province. Un emendamento al ddl di stabilità approvati ieri rinvia di un anno gli effetti delle riforme tentate con il dl 201/2011 e col dl 95/2012, cercando di rimediare in parte ai difetti delle manovre di riordino avviate dal governo in questi ultimi 13 mesi. Rinvio e diritto transitorio. L’emendamento innanzitutto, allo scopo di consentire una riforma organica della rappresentanza locale sospende l’applicazione dell’articolo 1, commi 18 e 19, della legge 214/2011. Si tratta delle disposizioni che hanno stabilito di assegnare ai comuni le funzioni che lo stato aveva assegnato alle province con proprie leggi, approvate nell’ambito della potestà legislativa esclusiva dello stato; nonché, della previsione che le regioni assegnino ai comuni, o riservino a se stesse, le funzioni conferite alle province nell’esercizio della propria potestà legislativa residuale o concorrente. Contestualmente, l’emendamento introduce un diritto transitorio, prima assente, cancellando dall’articolo 17, comma 10, della legge 135/2012 la previsione che sembrava subordinare la determinazione delle funzioni «fondamentali» delle province (pianificazione territoriale, ambiente, trasporti, gestione delle strade, reste ed edilizia scolastica) «all’esito della procedura di riordino». Le funzioni fondamentali, invece, spettano alle province «in attesa del riordino, in via transitoria». Così, l’emendamento dà opportunamente modo al legislatore di ripensare all’attribuzione delle funzioni alle province, uno dei problemi di maggiore portata della riforma non andata in porto.Risparmi. La sospensione dell’efficacia delle norme viene giustificata dall’emendamento anche «al fine di garantire il conseguimento dei risparmi previsti» dalla spending review. Ma la legge 135/2012 non ha previsto in alcun modo nessun risparmio. La possibilità di ottenere, per effetto del riordino, massimo 500 milioni di minori spese è stata enunciata solo da uno studio del ministro Giarda, per altro definito astratto, e non è mai confluita in atti contabili. In effetti, dunque, la sospensione non garantisce alcun risparmio. Esso potrebbe essere esclusivamente il frutto di un serio ripensamento dell’intera impostazione del riordino, che così come fissato dalle norme vigenti non ha permesso mai di quotare minori costi per i bilanci pubblici.Commissariamenti a gogò. La sospensione delle previsioni contenute nell’articolo 23 della legge 214/2011 non risolve, ma anzi aggrava, molti dei dubbi di illegittimità costituzionale della manovra. Tra essi, la privazione per la cittadinanza del diritto a eleggere gli organi di governo provinciali. Infatti, si prevede che laddove tra il 5 novembre 212 e il 31 dicembre 2013 vadano in scadenza gli organi provinciali o gli incarichi dei commissari straordinari nominati per effetto del «salva Italia» o, comunque, scadenze anticipate, si procederà con ulteriori commissariamenti. Insomma, si profila una moltiplicazione di province commissariate, in palese contrasto con la configurazione di organi elettivi che ne dà la Costituzione. L’emendamento non risolve, poi, il nodo delle modalità per rideterminare i confini delle province, in vista di accorpamenti, causato dalla spending review, che, come è noto, ha saltato a piè pari i vincoli stabiliti dall’articolo 133 della Costituzione. Il pericolo, dunque, di illegittimità costituzionale di tutto l’impianto rimane molto forte.Giunte salve. L’emendamento cancella uno degli effetti indirettamente previsti dalle manovre ed espressamente disposti dal dl 188/2012, destinato alla decadenza e, cioè, l’eliminazione delle giunte. La legge di stabilità prevederà a chiare lettere che «il presidente, la giunta e il consiglio della provincia restano in carica fino alla naturale scadenza dei mandati».Città metropolitane. Stop alla procedura di costituzione delle città metropolitane. Sospesa l’applicazione dell’art. 18 della legge 135/2012, dedicato appunto alla creazione di questo nuovo ente, mai fin qui decollato.
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