Massima
È da escludere licenziamento del dipendente di un supermercato colto a prelevare e consumare sul posto alcuni prodotti poi consumati in loco. La Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici del merito circa l’insussistenza non solo di una irrimediabile lesione del vincolo fiduciario, ma anche di un inadempimento tanto grave da configurare un giustificato motivo soggettivo.
Fatto
La Corte d’Appello di Bologna, in sede di reclamo, in parziale riforma della decisione resa dal locale Tribunale, ha dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato a un dipendente ai sensi dell’art. 18, comma 5, della legge n. 300 del 1970, come modificato dalla legge n. 92 del 2012, dichiarando, per l’effetto, risolto il rapporto di lavoro intercorso fra le parti e condannando il supermercato datore di lavoro al pagamento, in favore del reclamante, di una indennità risarcitoria onnicomprensiva in misura pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, quantificata in Euro 2.369,99, oltre interessi legali e compensando nella misura del cinquanta per cento le spese di lite.
In particolare, la Corte ha ritenuto indubitabile che la condotta posta in essere dal dipendente, consistita nell’aver prelevato alcune bottiglie di birra, del cous cous ed un prodotto da forno – poi consumati in loco – configurasse astrattamente inadempimento degli obblighi posti a carico del dipendente e, pertanto, raffigurasse un atteggiamento antigiuridico passibile di sanzione disciplinare, segnatamente alla luce del divieto di “consumare generi alimentari o bevande alcoliche” come descritto dalle norme disciplinari affisse in bacheca…
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