La motivazione e i concorsi pubblici

19 Aprile 2024
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Di G. Crepaldi

Nota a: TAR Umbria, Sez. I, 5 aprile 2024, n. 240

Nei pubblici concorsi il punteggio numerico è di per sé idoneo a sorreggere l’obbligo di motivazione richiesto dall’art. 3, l. n. 241/1990 nel momento in cui siano stati previamente determinati adeguati criteri di valutazione, essendo in tal modo permesso ricostruire ab externo la motivazione del giudizio; il punteggio numerico, infatti, risponde ad un chiaro principio di economicità della valutazione, in quanto esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione in relazione ad ogni singola prova e alla stregua dei parametri generali predeterminati del giudizio, contenendo così in sé la motivazione, senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato.

Fatto

Un candidato ha contestato il mancato superamento della prova scritta e la conseguente non ammissione alla prova orale del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di 18 posti di Istruttore di Vigilanza, categoria “C”, con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, indetto dal Comune di (Omissis) con bando pubblicato il 26 gennaio 2021. Il concorso in oggetto si componeva di una prova preselettiva, di una prova fisica, di una prova scritta ed infine di una prova orale.
La Commissione di concorso si riuniva in prima riunione il 6 settembre 2021 allorché – preso atto del numero dei candidati e della conseguente necessità di svolgere la prova preselettiva mediante quesiti a risposta multipla – stabiliva le modalità di svolgimento e i criteri di valutazione della prova scritta, che sarebbe consistita in tre quesiti a risposta sintetica sulle materie previste nel bando (diritto amministrativo, nozioni di diritto e procedura penale nonché le sanzioni amministrative con particolare riferimento a quelle di competenza della polizia municipale). La valutazione della prova scritta sarebbe avvenuta attribuendo il punteggio massimo di trenta punti (30/30) suddiviso in massimo dieci punti per ogni risposta in base alle seguenti valutazioni: a) Insufficiente: fino a sei punti; b) Sufficiente: sette punti; c) Buono: otto punti; d) Distinto: nove punti; e) Ottimo: dieci punti. I punteggi sarebbero stati attribuiti secondo i seguenti criteri di valutazione: “1. Conoscenza della materia e del quadro giuridico di riferimento; 2. Chiarezza, correttezza, coerenza ed organicità espositiva; 3. Capacità di analisi dell’argomento e capacità di sintesi”.
Il ricorrente, dopo aver superato la preselezione e la prova pratica, ha ottenuto il punteggio complessivo di 14/30 alla prova scritta – a fronte dello sbarramento necessario per accedere alla successiva prova orale fissato in 21/30 – e non è stato quindi incluso nell’elenco degli ammessi alla prova orale successivamente espletata il 9 dicembre 2021. Da ultimo, con determinazione dirigenziale n. 3765 del 20 dicembre 2021 è stata approvata la graduatoria finale, cui è seguita l’assunzione degli 11 vincitori.
Il ricorrente impugna l’esito insufficiente ottenuto nella prova scritta e la conseguente esclusione dalla prova orale, unitamente alla graduatoria finale e ai verbali del procedimento nella parte in cui sono stati individuati – e successivamente applicati – i criteri di valutazione della prova scritta.

La decisione

Il ricorso è infondato.

Motivazioni

L’art. 12 comma primo del d.P.R. 487 del 1994 prevede che “Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove.”.
Tale previsione è stata costantemente interpretata non rigidamente, ovvero non già nel senso di pretendere in ogni caso la fissazione dei criteri di valutazione nella prima seduta della Commissione, bensì tenendo conto delle finalità di tale incombente, ovvero quella di operare, in funzione di autolimitazione della sfera di discrezionalità tecnica, un primo livello generale e astratto di valutazione, entro il quale sono destinate a inserirsi le valutazioni concrete nei confronti dei singoli candidati, a garanzia di imparzialità, e trasparenza.
In questo senso “I criteri di valutazione delle prove di selezione possono essere fissati direttamente dal bando o essere rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice, con l’unico vincolo tassativo costituito dal fatto che, in tale ultimo caso, essi sono fissati prima dell’avvio delle operazioni valutative e ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell’azione amministrativa. La predeterminazione dei relativi criteri in un momento antecedente alla valutazione delle prove è volta ad evitare che l’attribuzione del punteggio per i titoli stessi possa essere condizionata dalla previa conoscenza del risultato delle prove precedenti, calibrando i punteggi da attribuire ai singoli candidati.” (T.A.R. Sicilia, Catania, sez. IV, 18 settembre 2023, n. 2728, nonché, conformi, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 07 febbraio 2022, n. 1383, Cons. Stato, sez. VI, 08 ottobre 2021, n. 6726, T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 25 settembre 2019, n. 4576, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 07 marzo 2019, n. 473). Centrale è, in altri termini, la circostanza che i criteri vengano fissati in epoca anteriore allo svolgimento delle prove proprio al fine di garantire la genuinità e l’imparzialità del potere valutativo della Commissione rispetto agli elaborati che si andranno poi ad esaminare.
Il ricorrente contesta che nel caso di specie la Commissione, secondo quanto risultante dal verbale del 6 settembre 2021, avrebbe stabilito i criteri di giudizio dopo aver preso conoscenza dei nominativi dei candidati, circostanza che, per i concorsi non aventi rilevanza nazionale ma solo locale come quello in oggetto, dimostrerebbe la violazione dell’anonimato dei candidati e della conseguente necessaria imparzialità della Commissione.
L’argomento è infondato. In realtà più che aver riguardo alla natura nazionale o locale in sé del concorso deve guardarsi al numero dei partecipanti e alla conseguente modalità dello svolgimento dello stesso, proprio al fine di considerare la maggiore o minore possibilità di interferenze rispetto alla trasparenza e al principio dell’anonimato, qui in astratto comunque rispettati.
Dalle difese del Comune di (Omissis) emerge infatti che presentavano domanda ben 537 candidati, dei quali superavano la prova preselettiva soltanto 68, i quali poi sostenevano la prova scritta. Al momento dell’insediamento della Commissione dunque il numero dei candidati – decisivo proprio in ordine alla scelta di somministrare i quiz integranti la prova preselettiva, svolta a cura di una società terza e non dei Commissari di concorso – era tale per cui non solo poteva escludersi una reale violazione dell’anonimato, ma anche una concreta lesione della trasparenza e dell’imparzialità, dato che quando fissavano i criteri di valutazione i Commissari non potevano sapere quali dei candidati avrebbero superato la prova preselettiva e avrebbero effettivamente sostenuto le prove successive sulla base dei parametri e con le modalità di svolgimento scelti in quel momento.
Non solo. Proprio la natura discorsiva della prova, ovvero l’elaborato sintetico, implicante un’ampia discrezionalità tecnica della Commissione, è soggetta a criteri valutativi (quali ad esempio conoscenza della materia, chiarezza, correttezza, capacità di sintesi) di ampio respiro, che mal si prestano ad una personalizzazione e conseguente indebito favore nei confronti di un candidato in particolare.
Parte ricorrente lamenta l’inidoneità del punteggio numerico attribuito dalla Commissione alla prova scritta a costituire motivazione sufficiente rispetto all’esito negativo della stessa, anche in considerazione del fatto che i criteri di valutazione non sarebbero sufficientemente specifici.
E’ noto l’orientamento giurisprudenziale assolutamente maggioritario secondo cui nei pubblici concorsi il punteggio numerico è di per sé idoneo a sorreggere l’obbligo di motivazione richiesto dall’art. 3, l. n. 241/1990 nel momento in cui siano stati previamente determinati adeguati criteri di valutazione, essendo in tal modo permesso ricostruire ab externo la motivazione del giudizio; il punteggio numerico, infatti, risponde ad un chiaro principio di economicità della valutazione, in quanto esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione in relazione ad ogni singola prova e alla stregua dei parametri generali predeterminati del giudizio, contenendo così in sé la motivazione, senza che siano necessarie ulteriori spiegazioni, ed assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato. (cfr. Cons. Stato, sez. VII, 08 febbraio 2024, n. 1291, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 18 maggio 2023, n. 8476, id. sez. II, 13 marzo 2023, n. 4284, T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 05 aprile 2023, n. 2126).
Il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi da tale orientamento, dato che nel caso di specie la Commissione ha fissato criteri prima facie adeguati rispetto all’oggetto della valutazione, ovvero “1. Conoscenza della materia e del quadro giuridico di riferimento; 2. Chiarezza correttezza coerenza ed organicità espositiva; 3 Capacità di analisi dell’argomento e capacità di sintesi”: in particolare, trattandosi di tre elaborati sintetici di non più di venti righe ciascuno, la Commissione ha prescelto criteri che tenessero conto sia del contenuto del testo (conoscenza della materia e del quadro giuridico di riferimento) sia della forma (chiarezza, capacità di sintesi, ecc.) dato che gli argomenti andavano necessariamente trattati in maniera compatibile con lo spazio limitato a disposizione. Come già segnalato in riferimento al primo motivo, trattandosi di materie giuridiche e non di argomenti matematico-scientifici, la tipologia dei criteri e l’applicazione degli stessi lasciava necessariamente spazio valutativo alla Commissione, che ha comunque operato sulla base di adeguati e puntuali criteri di giudizio: nel qual caso risulta pienamente legittima la scelta di non procedere ad una suddivisione del punteggio numerico complessivo in sub-punteggi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 giugno 2022, n. 5099).
Diverso è il caso dei punteggi da attribuirsi alla valutazione dei titoli, per i quali sarebbe stata necessaria la predisposizione di più precisi ed analitici parametri di riferimento cui raccordare il punteggio assegnato, in mancanza dei quali la valutazione meramente in forma numerica si sarebbe rivelata illegittima (cfr. Cons. Stato, sez. II, 27 aprile 2023, n. 4247, Cons. Stato, sez. V, 10 novembre 2022, n. 9845); nel caso di specie, invece, i parametri di riferimento soddisfacevano l’onere motivazionale in capo alla Commissione in vista di una opportuna comprensione dei giudizi attribuiti.
Deve ribadirsi dunque che le valutazioni espresse dalle Commissioni giudicatrici in merito alle prove di concorso, seppur qualificabili come analisi di fatti (correzione dell’elaborato del candidato con attribuzione di punteggio o giudizio) e non come ponderazione di interessi, costituiscono pur sempre l’espressione di ampia discrezionalità, finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità tecnica e/ o culturale dei candidati, con la conseguenza che le stesse valutazioni sono sottratte al sindacato del Giudice Amministrativo, se non nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziare uno sviamento logico od un errore di fatto, ovvero ancora un vizio sotto il profilo della logicità (vizio che però non va confuso con l’adeguatezza della motivazione, ben potendo quest’ultima essere adeguata e sufficiente e tuttavia al tempo stesso illogica). Soprattutto, un giudizio critico negativo reso dalla Commissione esaminatrice mediante punteggio numerico non risulta per ciò solo affetto né da profili di insufficienza, né da profili di irrazionalità e il Giudice, senza rilevare alcuna concreta eclatante discrasia tra la votazione negativa attribuita e il contenuto degli elaborati, non può sostituire la propria competenza a quella specifica riconosciuta dall’ordinamento alla Commissione, bensì deve limitarsi al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità (con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab esterno e ictu oculi dalla sola lettura degli atti) ovvero per contraddizione manifesta tra specifici elementi di fatto obiettivi, i criteri di massima prestabiliti e la conseguente attribuzione del voto, oppure per abnormità dei criteri e delle valutazioni, nonché infine per travisamento di fatto od errore procedurale commesso nella formulazione di queste ultime (cfr. Cons. Stato sez. V, 03 novembre 2023, n. 9531, id., 12 gennaio 2023, n. 409, T.A.R. Lazio sez. III – Roma, 05 ottobre 2023, n. 14775, T.R.G.A. Trento, 17 marzo 2023, n. 41).
Fermo restando che nel presente giudizio non sono state spiegate specifiche censure di eccesso di potere sotto il profilo dell’irragionevolezza, contraddittorietà o illogicità della valutazione degli elaborati del ricorrente, si osserva che dall’esame delle prove scritte versate in atti non emergono profili di contraddittorietà manifesta rispetto alla votazione insufficiente attribuita dalla Commissione. Da tutti e tre i testi emerge un carente esame degli argomenti richiesti nonché scarsa coerenza con i quesiti estratti, originati da probabili lacune nella conoscenza della materia e del quadro giuridico di riferimento. Rispetto a tali presupposti di fatto non sono stati allegati elementi che giustifichino una rivalutazione della prova da parte della Commissione, che sarebbe eventualmente potuta derivare da una dedotta disparità di trattamento in presenza di compiti similari di altri candidati a cui per ipotesi fossero state attribuite votazioni molto superiori. In mancanza di ciò deve essere confermata la correttezza e la sufficienza della valutazione in forma numerica operata dalla Commissione.
Non colgono nel segno neppure le censure di mancata attribuzione dei punteggi per ogni criterio di valutazione, né di omessa attribuzione di un singolo punteggio per ciascun elaborato invece che di un giudizio complessivo (14/30 per tutti e tre gli elaborati). Come già enunciato supra, in mancanza di una specifica disposizione di bando che imponesse l’invocato modus procedendi, così come di indizi di fatto circa uno scorretto esercizio della discrezionalità tecnica (parimenti esclusi per i motivi già affrontati) la Commissione ha legittimamente proceduto ad attribuire alla prova scritta del ricorrente una votazione complessiva che risulta idonea ad esplicitare sinteticamente il giudizio svolto nei confronti di tutti e tre gli elaborati. In questo senso appare condivisibile quanto sostenuto dalla difesa del Comune di (Omissis) secondo cui, una volta assodato che il punteggio complessivo degli elaborati sia gravemente insufficiente, risulta concretamente irrilevante per il ricorrente comprendere se un esito siffatto sia derivato da tre votazioni omogenee oppure da votazioni discordanti le une dalle altre, perchè comunque le stesse – sia pur legittimamente – non gli hanno legittimamente consentito di raggiungere la soglia della sufficienza: quindi la pretesa di una maggiore esaustività ed analiticità della motivazione oltre a non essere dovuta, non risponderebbe neppure ad alcun interesse apprezzabile del ricorrente.
In conclusione il ricorso deve integralmente respinto. Le spese di lite possono tuttavia essere compensate in ragione della natura degli interessi coinvolti.

Note

Cons. Stato, Sez. V, 03 novembre 2023, n. 9531.

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