In particolare, parliamo oggi di “motivazione lavorativa”, fattore determinante, insieme alle competenze, della prestazione lavorativa.
La qualità di una prestazione lavorativa è, infatti, il risultato del prodotto tra la competenza del soggetto (intesa nel suo significato più ampio di conoscenze, capacità professionali e capacità comportamentali) e la sua motivazione al lavoro.
La definizione di motivazione
Il termine “motivazione” arriva dal latino “motus”, che significa “movimento” e suggerisce la spina del soggetto verso un oggetto.
In psicologia, la motivazione viene definita come “l’insieme dei bisogni, desideri o intenzioni che prendono parte alla determinazione del comportamento e che conferiscono a questo unità e significato” (Treccani, 2022).
Essa rappresenta il complesso processo delle forze che attivano, dirigono e sostengono il comportamento nel tempo.
Il bisogno del soggetto in qualche modo sollecita, avvia, sblocca un comportamento, attribuendogli una direzione verso un traguardo, con una intensità che ne garantisce una durata.
Poiché il comportamento organizzativo trova la propria spinta e il proprio sostegno nel tempo nella motivazione, lo studio della motivazione consente di:
- Comprendere la natura del comportamento;
- Prevederne la manifestazione;
- Poterlo influenzare.
E’ importante sapere che la motivazione ha natura:
- Individuale: ossia è soggettiva, ogni individuo ha la propria motivazione;
- Dinamica: ossia cambia nel tempo, ciò che motiva oggi un individuo, magari domani non lo motiva più.
Il compito fondamentale dei capi diventa, quindi, capire qual è la motivazione che “muove” ciascun dipendente e sostenerla nel tempo nella propria variabilità.
Per capire la motivazione dei propri collaboratori, occorre assumere l’atteggiamento dell’esploratore, in quanto la motivazione è invisibile agli occhi, non si vede, non si osserva, ma si scopre.
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