Le imprese chiedono maggiore efficacia, efficienza e trasparenza all’azione amministrativa e la Pa risponde con la business intelligence (Bi), ossia soluzioni informatiche che consentono una gestione migliore della cosa pubblica, e open data, cioè dati fruibili a tutti nell’ottica dell’accessibilità completa e di un utilizzo anche commerciale delle informazioni. Si tratta di progetti che non solo hanno portato la Regione Emilia-Romagna a essere un simbolo di eccellenza digitale nel Paese, ma che permettono ricadute pratiche nella vita delle imprese e dei cittadini. Basti pensare che grazie alle soluzioni di business intel-ligence usate in regione è possibile oggi per oltre 200 tra Comuni e Province assoggettati al patto di stabilità dialogare tra loro per spostare le risorse finanziarie generate nel 2010 (un surplus di 170 milioni di euro) dall’uno all’altro ente a seconda delle necessità. Per le imprese significa veder finalmente sbloccati i pagamenti a loro favore e per i cittadini avere più servizi. Questo e altri esempi di efficienza generata dai software avanzati di Bi sono citati in un rapporto dell’istituto di ricerche Nomisma che verrà presentato domani a Bologna nel corso del convegno “La business intelligence nella pubblica amministrazione”. «Le Bi sono in sostanza dei software in grado di recepire dati da fonti diverse, informazioni che vengono poi integrate tra loro per fornire strumenti utili ai decisori politici e ai livelli dirigenziali dell’ente. Nel caso della gestione complessa della spesa pubblica siamo ad esempio in grado di capire dove si spende, come si spende, quali sono gli obiettivi raggiunti e trovare le sacche di inefficienza per poi risolvere le criticità», spiega Giuseppina Felice, direttore del servizio Controllo strategico e statistica di Viale Moro, che interverrà come relatore all’incontro organizzato dal centro studi economici bolognese e da I-Consulting, società specializzata nella creazione di strumenti di Bi. Se è impossibile al momento dare un valore economico all’efficienza ottenuta dall’utilizzo delle Bi, si sa però che la Regione Emilia-Romagna nell’ultimo quinquennio ha speso in strumenti di Ict 86,9 milioni di euro, di cui l’85% in software e servizi. Del resto, si legge nel rapporto, nei prossimi cinque anni, solo per riconsolidare le banche dati pubbliche (anagrafi della popolazione, basi territoriali, catasto e fiscalità) occorreranno investimenti valutati in 250-300 milioni di euro a livello nazionale. Oltre al mercato delle soluzioni di Bi studiate per il pubblico, che consentirà agli sviluppatori del settore di crescere, il valore aggiunto per le imprese si concretizza anche nel possibile uso a fini commerciali dei dati messi a disposizione della Pa. La regione ha lanciato recentemente la sua “Open data”: un portale per il rilascio di dati aperti e riusabili. «Questi dati sono utili perché consentono un maggior controllo dell’efficacia amministrativa nell’ottica della trasparenza, ma anche perché rendono possibile ai livelli di rappresentanza delle imprese di dare ai propri associati informazioni in più su determinati servizi presenti sul territorio», spiega Gabriele Morelli, segretario regionale Cna. Per ora i dati caricati sul sito http://dati.emilia-romagna.it/ sono pochi, ma c’è già chi fa ipotesi sugli usi nel futuro: «Pensiamo, ad esempio, a quanto possa essere interessante per una società di assicurazioni capire l’evoluzione del catasto in termini di densità e geolocalizzazione degli insediamenti abitativi. In questo caso ? spiega Marco Marcatili, analista economico di Nomisma ? per l’impresa l’informazione ha un altissimo valore economico. E la messa a disposizione dei dati pubblici è già pagata dai cittadini-contribuenti, ferme restando le eventuali elaborazioni specifiche che si rendessero necessarie per un terzo». «Si tratta di un primo passo che, pur non avendo ricadute immediate e dirette sulle imprese industriali, esprime una linea di tendenza da incoraggiare e rafforzare. La Regione ? rimarca Andrea Farina, consigliere delegato Ict-banda larga di Confindustria Emilia-Romagna ? sta al contempo avviando un rilevante processo di semplificazione, che Confindustria Emilia-Romagna segue con attenzione. In questo ambito riteniamo importante che la Pa consenta al proprio interno, nel rispetto della privacy, l’utilizzo e la fruibilità di tutti i documenti relativi all’impresa e alle sue attività, allo scopo di evitare inutili duplicazioni di atti già in possesso dell’amministrazione». Esempi come il portale Open data, secondo Marco Granelli, presidente di Confartigianato Emilia-Romagna «dimostrano che si possono percorrere anche altre strade, mentre ogni giorno ci misuriamo ancora con una burocrazia elefantiaca che rallenta l’attività delle nostre imprese. Ovviamente ? conclude ? ci riserviamo di dare un giudizio più specifico dopo aver fatto testare i dati dai nostri associati, ma già ora si evincono le potenzialità dello strumento». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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