Finché si è trattato di disegnare le nuova geografia istituzionale, la riforma delle Province ha viaggiato fra gli squilli di tromba di partiti, Regioni e Comuni ansiosi di riguadagnare punti fra l’opinione pubblica. Ora che, accanto ai poteri, bisogna decidere chi si carica di personale, spese e debiti, l’entusiasmo si è spento e il futuro annuncia battaglia. I nuovi ordinamenti, con le Province alleggerite di competenze spostate a Regioni e Comuni, dovrebbero debuttare fra un mese, ma sul territorio non si si è mosso praticamente nulla. Questo limbo, però, ha i giorni contati, perché il Governo prima ha messo in campo i maxi-tagli (un miliardo subito, tre in tre anni) alle Province e ora (con l’emendamento raccontato a pagina 7) prepara le regole per spostare gli esuberi dai vecchi enti a una Pubblica amministrazione diventata recalcitrante. In gioco c’è il posto di lavoro di 28mila dipendenti, che oggi sono nei ranghi delle Province e devono trovare un’altra destinazione: se Stato, Regioni e Comuni metteranno i bastoni negli ingranaggi, a perderci saranno soprattutto queste persone, trattate come soggetti “indesiderati”. Ma un brutto colpo arriverà anche al sistema, che già nell’emendamento incontra l’ennesimo strappo (fino al 2018) alla riforma delle pensioni approvata appena tre anni fa.
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