L’approvazione del modello delle competenze trasversali dei dipendenti della Pubblica Amministrazione

Il decreto sulle competenze trasversali del personale di qualifica non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni persegue l’obiettivo di riferimento metodologico per i percorsi di accesso, sviluppo di carriera e formazione del personale di qualifica non dirigenziale di tutta la Pubblica Amministrazione italiana

13 Settembre 2023
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Altra novità del periodo estivo è rappresentata dalla pubblicazione, sul sito del Ministero della Pubblica Amministrazione, del decreto ministeriale adottato il 28 giugno 2023 sulle competenze trasversali del personale di qualifica non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, che persegue l’obiettivo di riferimento metodologico per i percorsi di accesso, sviluppo di carriera e formazione del personale di qualifica non dirigenziale di tutta la Pubblica Amministrazione italiana.
La costruzione di un Framework delle competenze trasversali per il personale non dirigenziale si inserisce nell’ambito della Riforma del mercato del lavoro (R 2.3.1) prevista nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “Italia Domani” (PNRR), che ha promosso la riprogettazione del sistema dei profili professionali in un modello articolato su conoscenze, competenze e capacità caratteristiche della posizione da ricoprire. In particolare, il decreto parla di tappa afferente alla Milestone M1C1-58 “Entrata in vigore degli atti giuridici per la riforma del pubblico impiego”, “a completamento di quanto già definito per il personale dirigenziale con il Modello di competenze dei dirigenti della Pubblica Amministrazione italiana, previsto nelle Linee guida sull’accesso alla dirigenza pubblica.”
Già dalla lunga carrellata di norme citate nelle premesse del decreto, si intuisce che di competenze dei dipendenti pubblici si parla ormai da molto tempo, senza che le disposizioni normative abbiano ancora apportato un sostanziale e diffuso cambiamento nella gestione delle risorse umane in ambito pubblico. L’ultimo passaggio del decreto fa riferimento all’ “avvenuta sottoscrizione dei contratti collettivi per il triennio 2019-2021 nei comparti funzioni centrali, funzioni locali e sanità che introducono la riforma del sistema di classificazione del personale”, rispetto al quale il framework approvato dal decreto si colloca, dal punto di vista temporale, a valle anziché a monte; ma così non dovrebbe essere, in quanto, prendendo ad esempio il contratto nazionale delle funzioni locali, è stato richiesto ai singoli enti di revisionare i propri profili professionali entro il 31 marzo 2023, quando ancora non era stato reso disponibile alcun modello di competenze trasversali da prendere a riferimento nella costruzione dei job profile.
Il decreto arriva soltanto ora (meglio tardi che mai!), nell’ambito di un percorso che, dal punto di vista formale, è sicuramente orientato a rispondere a precisi impegni assunti nell’ambito del PNRR, ma che, dal punto di vista sostanziale, dovrebbe soddisfare veri bisogni di adeguatezza qualitativa delle risorse non solo per le esigenze del PNRR ma, più in generale, per lo sviluppo delle competenze ormai imprescindibili per una pubblica amministrazione che deve interagire nell’ambito del mondo VUCA, ossia in un contesto caratterizzato da Volatilità (il mondo in cui viviamo è in costante cambiamento, e diventa ogni giorno più instabile, tanto che è difficile determinare causa ed effetto), Incertezza (sta diventando più difficile anticipare gli eventi o prevedere come si svolgeranno, con una sostanziale impossibilità di determinare in maniera certa l’esito di un investimento), Complessità (i problemi sono sempre più complessi ed è difficile avere una chiara visione d’insieme di come le cose sono correlate), Ambiguità (è raro che le cose siano completamente chiare o determinabili con precisione).
Consegnare il modello senza che gli operatori pubblici lo sappiano applicare e “pretendendo” che alle conseguenti attività le pubbliche amministrazioni provvedano “nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente e senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica” (consueta formula prevista in ogni disposizione innovativa, inserita anche all’art. 1, comma 2, del decreto in esame), non rende onore al valore che veramente deriverebbe dall’introduzione strutturata di una applicazione seria e capillare di un modello di gestione del personale basato sulle competenze.
Per usare una metafora semplice ma esplicativa, è come consegnare un’auto ad un minorenne senza patente, che ha sempre usato soltanto il motorino e che desidererebbe magari anche poter guidare l’auto per raggiungere la sua meta più in fretta, ma non può farlo perché non ha ancora acquisito la capacità di utilizzare la macchina; e se spronato ad utilizzare l’auto, quasi sicuramente provocherebbe danni, anche gravi, alle cose e alle persone.
Questo soltanto per dire che, insieme ai contenuti, occorre fornire gli strumenti, le conoscenze e le capacità agli operatori pubblici (soprattutto uffici personale, e personale dirigente/direttivo) non solo per acquisire dimestichezza con la gestione del personale per competenze, ma per comprenderne il valore dell’applicazione per le organizzazioni di cui fanno parte e per poter collaborare in modo costruttivo con gli esperti di sviluppo organizzativo o recruitment. Per cambiare la pubblica amministrazione, non è, infatti, sufficiente inserire gli psicologi del lavoro o gli esperti di assessment nelle commissioni di concorso, ma occorre che il management ad ogni livello acquisisca la consapevolezza che i comportamenti organizzativi sono sempre più importanti per la realizzazione della performance attesa dell’amministrazione e che, pertanto, occorre acquisire la capacità si saper valutare le risorse umane non solo all’ingresso nella pubblica amministrazione, ma anche nel corso della loro vita professionale, al fine di colmare o gestire i gap tra capacità attese dal ruolo e capacità rilevate. E questa si chiama “rivoluzione culturale”, che non si realizza con i decreti, ma con la formazione e l’accompagnamento delle pubbliche amministrazioni, creando magari degli ambassador che, sul campo, realizzino una vera e propria contaminazione di conoscenze e abilità sul complesso mondo della valutazione delle soft skills.
Venendo al contenuto specifico del decreto, il modello definito dal gruppo di esperti prevede 16 competenze trasversali, articolate in 4 aree, e 3 valori trasversali a tutte le competenze.
Il documento definisce le competenze trasversali come “set di comportamenti organizzativi che rappresentano l’espressione delle capacità trasversali e delle attitudini individuali rilevanti per svolgere «con successo» il proprio ruolo”.
Quindi possiamo esprimere la seguente uguaglianza:

COMPETENZE TRASVERSALI = COMPORTAMENTI ORGANIZZATIVI

Ove i comportamenti organizzativi sono il risultato sia delle CAPACITA’ TRASVERSALI che delle ATTITUDINI INDIVIDUALI.
Inoltre, il documento ci dice che i modelli di competenze sono “raggruppamenti di un certo numero di competenze trasversali rilevanti nello specifico ruolo/contesto organizzativo, che definiscono i comportamenti efficaci associati ad esso, raggruppati in un numero limitato di dimensioni”. E ancora: “I modelli di competenze in una gestione delle risorse umane evoluta costituiscono un sistema di riferimento cruciale per tutte le attività e i processi di gestione e sviluppo delle risorse umane che tengono in considerazione gli obiettivi e le priorità della singola amministrazione.”
Ogni competenza trasversale o comportamento organizzativo viene descritto attraverso indicatori comportamentali specifici, osservabili e verificabili.
Il gruppo di lavoro individuato dal Ministero della Pubblica Amministrazione ha, quindi, formulato il MODELLO (O FRAMEWORK) DEI COMPORTAMENTI ORGANIZZATIVI DEL PERSONALE (NON DIRIGENZIALE) DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA.
Come? Individuando 16 comportamenti organizzativi (o competenze trasversali) ritenuti rilevanti per i pubblici dipendenti, a cui sono stati associati gli indicatori specifici, e raggruppando questi comportamenti organizzativi in 4 aree:

  • Area “Capire il contesto pubblico”: Consapevolezza del contesto, Soluzione dei problemi, Consapevolezza digitale, Orientamento all’apprendimento
  • Area “Interagire nel contesto pubblico”: Comunicazione, Collaborazione, Orientamento al servizio, Gestione delle emozioni
  • Area “Realizzare il valore pubblico”: Affidabilità, Accuratezza, Iniziativa, Orientamento al risultato
  • Area “Gestire le risorse pubbliche”: Gestione dei processi, Guida del gruppo, Sviluppo dei collaboratori, Ottimizzazione delle risorse

Il modello prevede, inoltre 3 valori trasversali a tutti i 16 comportamenti organizzativi:
– integrità
– inclusione
– sostenibilità
che sono principi ideali che devono guidare sia i comportamenti individuali (dei singoli) che collettivi (dell’organizzazione nel suo complesso). Tali principi o valori condizionano il modo e l’intensità con cui si manifestano i comportamenti organizzativi.
Data l’importanza del tema dedicheremo la prossima newsletter all’esplicazione più dettagliata del citato modello.

Leggi sulla medesima questione:

Parte 1: “La conversione in legge del d.l. n. 75 del 22 giugno 2023 (legge 112/2023)”
Parte 2: “La conversione in legge del d.l. n. 61 del 1° giugno 2023 (legge 100/2023)”
Parte 3: “L’approvazione del d.l. n. 105 del 10 agosto 2023”

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