Questo provvedimento, come da previsione dettata dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, potrà essere rivisto ogni 5 anni, sulla base di un nuovo decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione emanato con le stesse procedure con le quali è stato adottato il D.P.C.M. che stiamo analizzando.
Le indicazioni
Dobbiamo ricordare che queste nuove disposizioni si applicano alle regioni a statuto ordinario, quindi non a quelle a statuto speciale; nel D.P.C.M. non viene detto nulla sulla inclusione o meno degli enti regionali in questo vincolo, anche se una interpretazione sistematica deve portare al loro assoggettamento agli stessi vincoli delle Regioni.
Le Regioni sono suddivise in 5 gruppi a secondo della popolazione residente e, per ognuno di tali gruppi, si applica un rapporto diverso tra spesa del personale ed entrate correnti: si va dal 13,5% per quelle fino a 800mila abitanti al 5% per quelle con popolazione superiore a 6.000.000 di abitanti.
Le regioni “virtuose” nel rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti possono dare corso ad assunzioni aggiuntive rispetto alle ordinarie capacità assunzionali, che si ricorda sono fissate nel tetto del 100% dei risparmi delle cessazioni dell’anno precedente, nonché negli spazi per nuove assunzioni del quinquennio precedente e, per il triennio 2019/2021, nel 100% dei risparmi delle cessazioni intervenute nello stesso anno. Il D.P.C.M. fissa tale soglia di assunzioni aggiuntive con riferimento alla spesa per il personale dell’anno 2018 nel 10% per il 2020, nel 15% per il 2021, nel 18% per il 2022, nel 20% per il 2023 e nel 25% per il 2024. Ovviamente queste capacità assunzionali ulteriori possono essere utilizzate solamente restando nella soglia del rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti previsto dallo stesso D.P.C.M.
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