Lo smart working
Il citato D.P.C.M. detta un insieme di prescrizioni che spingono le amministrazioni pubbliche ad ampliare il ricorso al cd smart working; questo stimolo viene accompagnato dalla disposizione per cui, quando si darà corso alla attenuazione della fase di emergenza i singoli enti dovranno essere pronti a consentire il riavvio delle proprie attività in modo da sostenere il rilancio delle iniziative produttive. La prima indicazione è la seguente. “nel predisporre, anche attraverso l’adozione di appositi protocolli, le misure necessarie a garantire la progressiva riapertura di tutti gli uffici pubblici e il rientro in sicurezza dei propri dipendenti” si applicano le previsioni dell’articolo 263 del d.l. n. 34/2020, quindi il collocamento in lavoro agile del 50% dei dipendenti che sono impegnati in attività che possono essere svolti con tale modalità, adeguandosi alla necessità di consentire il riavvio delle attività produttive e commerciali e garantendo l’erogazione dei servizi con “regolarità, continuità ed efficienza”.
La seconda indicazione, che costituisce di fatto una modifica delle previsioni dettate dall’articolo 263 del d.l. n. 34/2020 e del Decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione (D.P.C.M.) dello scorso 19 ottobre, è la seguente: “le pubbliche amministrazioni assicurano le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale” del 50% dei dipendenti che possono essere utilizzati in cd. smart working.
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