Ormai è chiaro che difficilmente il decreto Province riuscirà a infilarsi nella cruna dell’ago di fine legislatura. Ma se anche ce la facesse rischierebbe di arrivare al traguardo stravolto rispetto alle previsioni originarie del testo. Basti il dato sul numero degli enti soppressi: non più 35 ma 29 per effetto degli emendamenti presentati ieri dai due relatori e che dovrebbero essere messi in votazione lunedì nella commissione Affari costituzionali del Senato. Dovrebbero, appunto. Ma la road map che doveva portare il decreto 188 nell’aula del Senato mercoledì 12 per provare a garantire la conversione entro la dead line del 5 gennaio è tutt’altro che sicura. Sia per il quadro politico generale sempre più complicato, sia per una serie di segnali particolari. A cominciare dal fatto che le 36 proposte di modifica depositate in commissione da Enzo Bianco (Pd) e Filippo Saltamartini (Pdl) si differenziano in più di un punto. A cominciare dalla firma visto che, anche sui punti in comune, il senatore democratico e il suo collega pidiellino hanno presentato emendamenti separati. La divisione d’intenti si manifesta soprattutto sulle deroghe da introdurre. Entrambi condividono di sommare all’esenzione per i territori montani già prevista dall’Esecutivo quella per le Regioni dove un solo ente non abbia i requisiti minimi decisi a luglio dal Governo (350mila abitanti e 2.500 chilometri quadrati). Così facendo tutti e due salverebbero Terni e Matera (ma non Isernia) nelle Regioni che sarebbero diventate monoprovincia e manterrebbero separate Avellino e Benevento. Una chance Bianco la concederebbe pure ad Avellino-Benevento e Rieti-Viterbo. A completare il suo sestetto di eccezioni interviene la divisione in due della maxi-Provincia toscana: Pisa-Livorno e Lucca-Massa. Una scelta condivisa da Saltamartini che non cita né Avelllino-Benevento né Rieti-Viterbo poiché preferisce soffermarsi, da un lato, sulla separazione di Lecco da Como-Varese e la sua fusione con Monza e, dall’altro, sul matrimonio Prato-Pistoia. Così facendo cambierebbero anche i confini delle città metropolitane di Milano e Firenze che avrebbero una superficie perfettamente coincidente con quelle delle Province oggi esistenti. Le intenzioni dei due relatori tornano invece a coincidere quando si passa ad affrontare altri due nodi: quando rendere operativa la nuova mappa provinciale e cosa fare nel frattempo. Sul primo punto entrambi puntano a fare slittare di sei mesi (dal 1 gennaio al 1 luglio 2014) la nascita dei nuovi “enti di mezzo”. Così facendo solo le città metropolitane finirebbero per partire a inizio 2014. Stesso discorso per la sorte delle Giunte provinciali che non scomparirebbero più dal gennaio prossimo ma durerebbero fino all’elezione dei nuovi consigli. E nelle amministrazioni che scadranno prima verrà invece nominato un commissario straordinario fino al rinnovo degli organi. Per effetto di tali novità sarebbero sfalsate anche le date delle prossime elezioni: per le città metropolitane si dovrebbe votare tra il 1 aprile e il 30 novembre 2013; per le Province tra il 15 aprile e il 15 giugno 2014. Degni di nota infine sono i due emendamenti identici che Bianco e Saltamartini hanno dedicato alla scelta dei capoluoghi. Non prevarrà più il Comune più popoloso, salvo diverso accordo dei sindaci, ma quello che possiede i predetti requisiti minimi di abitanti ed estensione oppure la Provincia con più abitanti. Risultato: Pisa la spunterebbe su Livorno e Frosinone su Latina.
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