Le singole amministrazioni non devono e non possono operare alcuna distinzione nelle capacità assunzionali tra personale del comparto e dirigenti, le norme della legge n. 208/2015 che sembrano consentirlo per il triennio 2016/2018 hanno un carattere transitorio e non sono oggi proponibili. Possono essere così sintetizzate le indicazioni che derivano dalla deliberazione della Sezione Autonomie della Corte dei conti n. 17/2019.
La deliberazione afferma il seguente principio di diritto: “I valori economici delle capacità assunzionali 2019-2021 per il personale dirigenziale e non dirigenziale riferiti alle cessazioni dell’anno precedente, ai sensi dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, possono essere cumulati fra loro al fine di determinare un unico budget complessivo utilizzabile indistintamente per assunzioni riferite ad entrambe le tipologie di personale, dirigenziale e non, in linea con la programmazione dei fabbisogni di personale, ai sensi dell’articolo 6 del d.lgs. n. 165/2001, e nel rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla legislazione vigente. Tale principio vale anche ai fini dell’utilizzo dei cd. resti assunzionali, per i quali si fa presente che, alla luce delle recenti novità legislative di cui all’ art. 14-bis, comma 1, lett. a) del d.l. n. 4/2019, il riferimento al quinquennio precedente è da intendersi in senso dinamico, con scorrimento e calcolo dei resti, a ritroso, rispetto all’anno in cui si intende effettuare le assunzioni”.
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