La comunicazione dei permessi di cui alle legge n. 104/1992
E’ stato spostato al 31 maggio il termine per la comunicazione della utilizzazione dei permessi di cui alla legge n. 104/1992, termine che in via ordinaria è fissato alla data del 31 marzo e che in precedenza era già stato spostato per quest’anno alla data del 30 aprile. E’ quanto ha detto il comunicato dello scorso 29 aprile del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Vediamo alcuni chiarimenti forniti dalla stessa Funzione Pubblica nel portale PerlaPA:
1) nella comunicazione vanno trasmessi solamente i dati sui permessi orari e su quelli giornalieri, siano essi fruiti da parte di coloro che assistono congiunti disabili sia da parte dei dipendenti che sono essi stessi disabili;
2) non sono compresi in tale rilevazione i congedi;
3) possono essere inseriti i dati relativi ai dipendenti disabili che utilizzano tanto le 2 ore di permesso giornaliero quanto le 3 giornate al mese, cioè le fattispecie previste dai commi 2 e 3 dell’articolo 33 della legge n. 104/1992;
4) ogni amministrazione pubblica deve avere un responsabile per la comunicazione delle informazioni sulla utilizzazione della legge n. 104/1992;
5) non è possibile avere più di un responsabile per ente;
6) “devono essere inseriti i dati di tutti i dipendenti beneficiari dei permessi ex lege 104/92 anche se non hanno fruito di alcun permesso orario o giornaliero nel corso dell’anno oggetto di rilevazione. Devono essere inseriti anche i dati delle persone con disabilità assistite dai dipendenti, anche nel caso in cui non sono stati fruiti permessi per assisterli nel corso dell’anno di rilevazione”;
7) i dati vanno inseriti anche per i dipendenti a tempo determinato;
8) nel caso di part time occorre inserire la percentuale di impegno orario;
9) “è necessario convertire i permessi fruiti a giornate intere in ore, considerando convenzionalmente la durata dell’orario di servizio pari a 6 ore giornaliere”;
10) è possibile “inserire solo l’ora intera e non la frazione, il minimo consentito è di 1 ora”;
11) occorre inserire anche la dichiarazione finale.
Il superamento del tetto alle progressioni economiche
Nei comuni in cui vi è un solo dipendente inquadrato in un’area nella progressione economica si può prescindere dalla limitazione del beneficio ad una quota limitata di dipendenti in servizio. Cono queste le indicazioni contenute parere del Dipartimento della Funzione Pubblica 0022327: in tal modo viene evidenziata la necessità di coniugare il tetto della quota limitata di progressioni economiche con la condizione effettiva dell’ente. Con una lettura diversa non sarebbe possibile che questo dipendente possa mai partecipare ad una selezione per l’attribuzione delle progressioni economiche.
La prima indicazione è la seguente: “i criteri per l’attribuzione della progressione economica sono disciplinati, in via generale, dalla legge (art. 52, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001 e art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2009) nonché dai CCNL dei singoli comparti di riferimento. Infatti, le progressioni economiche sono regolamentate dai CCNL, nei limiti di quanto stabilito da norme di legge, ai sensi dell’articolo 40, comma 1, d.lgs. n. 165/2001”.
Ci viene di seguito ricordato che “con il CCNL comparto Funzioni locali 2019-2021 l’attribuzione delle progressioni economiche si concretizza nel riconoscimento di differenziali stipendiali”, quindi si richiama la significativa modifica che ha interessato questo istituto.
Nel merito leggiamo che “dal quadro normativo sopra delineato emerge con chiarezza la duplice finalità, selettiva e meritocratica/premiale delle progressioni economiche e lo stretto legame che sussiste tra tali finalità”. Viene indicato espressamente che occorre operare il bilanciamento tra questi principi, quindi il carattere selettivo e meritocratico, nonché la limitazione ad una parte di dipendenti, cd quota limitata, parte che deve essere minoritaria. La necessità di operare tale bilanciamento porta alla seguente conclusione:” nel caso di enti locali in cui vi sia un solo dipendente in organico nell’area cui si riferisce la progressione economica e, quindi, con esclusivo riferimento a tale specifica situazione, fermo restando il rispetto dei requisiti di partecipazione definiti dal CCNL, possa procedere al riconoscimento della progressione economica prescindendo dal limite del 50% dei potenziali beneficiari”. Una lettura diversa determinerebbe la esclusione di tale dipendente dalla possibilità di essere destinatario di questo istituto.
Il trattenimento in servizio dei responsabili per l’attuazione del PNRR
Non possono essere trattenuti in servizio, così da superare l’età in cui scatta l’obbligo di collocamento in quiescenza per l’attuazione del PNRR, i responsabili nei comuni che sono privi di dirigenti. E’ questa la indicazione contenuta nel parere del Dipartimento della Funzione Pubblica 6401/2024. Alla base di questa lettura la condizione che la disposizione che consente il trattenimento è dettata esclusivamente per i dirigenti generali e che, di conseguenza, essa non può essere estesa a coloro che non sono inquadrati con il contratto dei dirigenti.
Leggiamo che l’articolo 11, comma 1, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105 “introduce una disciplina transitoria volta a non indebolire le amministrazioni pubbliche nella delicata fase di attuazione di interventi previsti nel PNRR, consentendo alle stesse di continuare ad avvalersi delle figure dirigenziali apicali chiamate a svolgere compiti di attuazione dei progetti di che trattasi, ai fini di garantire il conseguimento degli obiettivi programmati”. Si deve ritenere che questa disposizione “rappresenti una deroga al regime ordinario e debba essere, per questo, oggetto di stretta interpretazione”.
Viene precisato che “devono ricorrere determinati presupposti, tra cui, per quanto qui di interesse, innanzitutto la qualifica dirigenziale della figura da trattenere, ma, ancor più specificamente, una valutazione in ordine alla complessità ed alla dimensione organizzativa della struttura interessata, che consenta di ritenere tale incarico dirigenziale corrispondente ad uno di livello dirigenziale generale o apicale”. Viene ricordato che “deve ritenersi inapplicabile la normativa de qua che, nel derogare al generale divieto di trattenimento in servizio, individua specificamente, quali diretti destinatari, i dirigenti ed, in particolare, i dirigenti generali, anche apicali.
A sostegno viene ricordato, in primo luogo, che il TAR Campania ha negato che l’attribuzione di funzioni dirigenziali “possa essere configurato come un incarico dirigenziale tout court, essendo necessario, perché possa parlarsi propriamente di incarico dirigenziale, che alle funzioni dirigenziali si accompagni la predisposizione, nell’organigramma dell’ente pubblico, della posizione funzionale di livello dirigenziale”. In secondo luogo, viene ricordato che per la Corte di Cassazione “un ufficio può essere ritenuto di livello dirigenziale solo in presenza di un’espressa qualificazione in tal senso contenuta negli atti di macrorganizzazione adottati dalla P.A., in quanto è alle amministrazioni pubbliche che è stato riservato dal legislatore (prima ex d.lgs. n. 29 del 1993, poi con il d.lgs. n. 165 del 2001, che, quanto agli enti territoriali, rinvia al d.lgs. n. 267 del 2000) il potere di definire le linee fondamentali degli uffici, individuando quelli di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità degli stessi, provvedendo altresì alla individuazione delle piante organiche”.
Il trattamento economico per il secondo mese di congedo parentale
Le nuove regole dettate dalla legge di bilancio 2024 per il miglioramento del trattamento economico dei genitori che usufruiscono del secondo mese di congedo parentale si applica anche ai dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni. Tale previsione legislativa non è inglobata nelle indicazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, per i quali il trattamento economico per il primo mese di congedo parentale è fissato nella misura del 100% di quanto in godimento. Sono queste le indicazioni contenute nel parere del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 13398/2024.
Ricordiamo che la disposizione è contenuta nell’articolo 1, comma 179, della legge n. 213/2023 (cd di bilancio 2024). Sulla base di questa disposizione, spetta un trattamento economico pari al 60%, che per il 2024 è fissato nello 80%. Questo trattamento economico deve essere corrisposto ai” lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità, di cui rispettivamente al capo III e al capo IV del medesimo testo unico di cui al d.lgs. n. 151/2001, successivamente al 31 dicembre 2023.. Ne restano, invece, esclusi coloro che, al 31 dicembre 2023, abbiano già fruito interamente del periodo di astensione obbligatoria di cui ai capi III e IV del citato Testo unico, per i quali, quindi, il trattamento economico rimane invariato come da normativa previgente”.
In conclusione leggiamo che, “trattandosi di una misura di nuova introduzione a sostegno della tutela della genitorialità, avente, altresì, una diversa modalità di calcolo per l’anno in corso -, si ritiene che la stessa possa essere immediatamente applicabile a tutti i lavoratori dipendenti, nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa di riferimento”.
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