Ricordiamo brevemente le seguenti teorie:
1. La gerarchia dei bisogni di Maslow (1954)
Tale teoria si basa sull’assunto che un bisogno attiva un impulso, il quale attiva a sua volta un’azione, che è finalizzata a soddisfare quel bisogno, che pertanto, a seguito dell’azione, si riduce.
Abraham Harold Maslow (New York, 1 aprile 1908 – Menlo Park, 8 giugno 1970) – psicologo statunitense – distingue i bisogni in primari e secondari, introducendo, pertanto, una gerarchia dei bisogni, che vengono collocati in una piramide, alla cui base si collocano i bisogni fisiologici e di sicurezza (bisogni primari) e, via via proseguendo verso il vertice, i bisogni di appartenenza, di stima e di autorealizzazione (bisogni secondari)
Fig. 1 – La piramide dei bisogni di Maslow
Secondo Maslow, l’individuo è perennemente mosso da bisogni, ma prima soddisfa i bisogni primari e, soltanto quando questi sono soddisfatti, ricerca la soddisfazione dei beni secondari.
Una delle principali critiche a tale modello riguarda l’idea per cui i bisogni inferiori devono essere soddisfatti affinché una persona possa raggiungere il proprio potenziale, in quanto ciò non sempre si verifica.
Esistono popolazioni povere, nelle quali i bisogni di ordine superiore, come l’amore e l’appartenenza, sono soddisfatti, a differenza di quelli primari.
Anche molti artisti, per esempio, come Rembrandt e Van Gogh, hanno vissuto in povertà per tutta la vita, ma hanno dedicato buona parte delle loro risorse a soddisfare bisogni più elevati. Secondo Maslow, ciò non potrebbe accadere.
Oggigiorno, gli psicologi intendono la motivazione come un elemento più complesso, quindi spinta da bisogni di diversa natura
Nonostante le critiche, la piramide dei bisogni di Maslow rimane un punto di riferimento nello studio dei comportamenti umani. Rappresenta il punto di partenza per molte ricerche che puntano a comprendere l’agire umano e in che modo uno stesso stimolo può produrre reazioni contrastanti in persone diverse.
Per approfondimento: Teoria di Maslow
2. La Teoria dei fattori igienici e motivanti di Herzberg (1959)
Tale teoria si basa sull’assunto che le ragioni della insoddisfazione non sono le stesse delle ragioni della soddisfazione.
Frederick Irving Herzberg (Lynn, 18 aprile 1923 – Salt Lake City, 19 gennaio 2000) – altro psicologo statunitense – pubblicò uno studio dove analizzava le risposte dei lavoratori su sentimenti positivi e negativi nell’ambito dell’ambiente lavorativo.
Secondo le sue ricerche i principali fattori che portavano a sentimenti positivi riguardavano il lavoro in sé, mentre quelli negativi erano più legati all’ambiente lavorativo.
In particolare, egli distingue i fattori che influenzano la motivazione in:
- Fattori igienici: fattori che, se assenti, possono portare a mancanza di motivazione e insoddisfazione. Sono ad esempio le condizioni di lavoro, la sicurezza del posto di lavoro, le relazioni coi colleghi e coi capi, la remunerazione, la logistica (orari e altro), processi aziendali, condivisione della politica aziendale. Essi rappresentano una soglia base di elementi, la cui mancanza provoca insoddisfazione delle persone, ma la cui presenza non causa motivazione, bensì assenza di insoddisfazione;
- Fattori motivanti: fattori che, se presenti, portano alla soddisfazione del lavoratore e lo spingono a lavorare meglio e a raggiungere gli obiettivi, in quanto stimolano nelle persone l’interesse al loro lavoro. Riguardano, per esempio, il piacere di svolgere il proprio lavoro, il riconoscimento del proprio operato, il feedback, la progressione di carriera, la crescita personale, l’autonomia, il coinvolgimento nelle scelte aziendali.
Fig. 2 – I fattori igienici e motivanti di Herzberg
Cosa ci dice di importante questa teoria?
Ci dice che, qualora si avverta insoddisfazione nell’ambiente di lavoro, occorre fare una diagnosi situazionale per capire quali sono – nel contesto particolare – i fattori igienici che mancano, ossia quei fattori che i dipendenti danno per scontati e che, essendo invece assenti, hanno generato insoddisfazione lavorativa (ad esempio, effettuando una indagine di clima aziendale). Ricordiamoci, a tale proposito, che non esistono fattori igienici in assoluto, ma gli stessi vanno sempre ricercati nel contesto specifico dell’ente; non solo, anche il momento storico, la cultura sociale, influenza la natura dei fattori (ad esempio, lo smart working per la generazione Zeta è un fattore igienico, mentre per i Boomers è un fattore motivante).
La soddisfazione dei bisogni identificati come fattori igienici rappresenta il presupposto per poter lavorare sui fattori motivanti, ossia su quei fattori che rendono maggiormente stimolante e gratificante il lavoro e che contribuiscono al miglioramento della prestazione lavorativa.
La conclusione logica è che è necessario lavorare su entrambi i fronti per ottenere risultati apprezzabili sui risultati lavorativi.
Per approfondimento:
La Teoria di Herzberg (INSERIRE COLLEGAMENTO)
3. La Teoria aspettativa – valenza di Vroom (1964)
Victor Harold Vroom – psicologo canadese (nato nel 1932) – pone la motivazione in relazione non tanto al bisogno, quanto all’aspettativa di risultato che precede il comportamento/azione e al grado di valenza (attrattività) dei risultati stessi.
In tale accezione, la motivazione è il risultato del seguente prodotto:
Motivazione = Aspettativa x Valenza
Ove:
- Aspettativa: è il giudizio l’individuo formula sulla probabilità di raggiungere un certo risultato attraverso l’impiego di un certo sforzo. In altre parole, è ciò che noi pensiamo possa verificarsi.
I capi e l’ambiente lavorativo e sociale possono influire su questa variabile, aumentando o diminuendo le attese dell’individuo.
- Valenza: è l’importanza che una persona dà al conseguimento di un obiettivo. È influenzata dalla scala dei valori e dall’esperienza dell’individuo. Fa riferimento all’insieme delle emozioni/sentimenti che le persone correlano al risultato o premio. In altre parole, è l’importanza che ciascuno attribuisce ad una meta.
Essendo la motivazione frutto della moltiplicazione di questi due elementi, qualora una dei due fattori sia a zero, la motivazione sarà uguale a zero.
Mentre la valenza deriva sempre unicamente dai valori del singolo individuo, l’aspettativa del singolo (ossia il suo giudizio rispetto al fatto che si verifichi quella determinata situazione) non dipende soltanto dal senso della propria auto-efficacia, ma è influenzata anche dall’ambiente esterno.
Facciamo un esempio semplice: per un dipendente è molto importante la propria promozione ed il suo capo gli promette che entro l’anno verrà promosso, innescando nello stesso un’alta aspettativa di raggiungimento di quel risultato; la promozione, tuttavia, non dipende unicamente dalla volontà del capo, ma da una serie di elementi che esulano dal suo diretto controllo; cosicché, a fine anno, la promozione non arriva, con una drammatica caduta di credibilità del capo. Cosa succede, in questo caso, alla motivazione del dipendente? Sulla base della teoria di Vroom, la motivazione precipiterà, in quanto l’aspettativa del dipendente subirà una drastica riduzione, a seguito del giudizio maturato dallo stesso riguardo alla scarsa probabilità che la promozione possa avvenire.
Quindi, è importante capire quanto valgono per le persone gli obiettivi, ma occorre ricordare che la probabilità di accadimento di quegli stessi obiettivi funge da moltiplicatore o demoltiplicatore della loro motivazione.
Per approfondimento: La Teoria di Vroom
4. La Teoria delle inclinazioni motivazionali di McClelland (1970)
David Clarence McClelland (20 maggio 1917 – 27 marzo 1998) – psicologo americano – ha individuato tre bisogni fondamentali, che guidano il comportamento umano e motivano l’uomo ad agire.
Sebbene questi bisogni siano presenti in misura più o meno variabile nelle varie persone, è sempre possibile individuarne uno predominante in ciascun individuo:
Fig. 3 – Le tre inclinazioni motivazionali di McClelland
Ognuno di tali bisogni rappresenta una leva motivazionale.
- Il BISOGNO DI AFFILIAZIONE pone al centro la RELAZIONE ed è caratterizzato dalla ricerca di legami basati sull’amicizia e sull’intimità, evitamento delle conflittualità, cura delle relazioni e del senso di unità del gruppo.
Gli individui mossi dal bisogno di affiliazione evitano il conflitto e prediligono l’armonia; danno il meglio di sé in contesti amicali ed armonici, in cui le relazioni sono buone e forti.
- Il BISOGNO DI RIUSCITA O DI SUCCESSO pone al centro gli OBIETTIVI ed è caratterizzato dalla ricerca di compiti sfidanti, dal bisogno di ottenere il massimo e di fare le cose al meglio.
Gli individui mossi da tale bisogno “pagano” volentieri il prezzo dello stress pur di raggiungere obiettivi difficili e di farlo ad un livello qualitativo elevato.
- Il BISOGNO DI POTERE pone al centro la GUIDA DEGLI ALTRI ed è caratterizzato dalla ricerca di posizioni di comando che permettono di esercitare influenza e controllo sugli altri.
Gli individui mossi dal bisogno di potere vogliono essere influenti, ossia ottenere un consenso rispetto alle proprie idee e guidare gli altri verso queste idee.
Ciascun individuo presenta sempre tutte le tre componenti motivazionali, ma una di esse prevale sempre.
Secondo questa teoria, la demotivazione è originata dalla distanza tra l’orientamento motivazionale affine al ruolo ricoperto e l’inclinazione motivazionale prevalente nel soggetto che ricopre quel determinato ruolo.
Un dipendente mosso dal bisogno di riuscita, inserito in un ruolo routinario, ove le attività sono sempre le stesse, senza obiettivi particolarmente sfidanti, probabilmente, dopo un certo numero di anni si sentirà frustrato.
E’ allora importante innanzitutto capire l’inclinazione motivazionale dei nostri collaboratori, ma anche aiutarli nel portarli a consapevolezza del gap tra ciò che il ruolo richiede loro e la loro leva motivazionale. Tale presa di coscienza è molto importante al fine di qualificare quel malessere che spesso il dipendente prova senza essere in grado di comprenderne bene l’origine e, di conseguenza, prendere le decisioni opportune per ridurre la propria frustrazione (es. accettare consapevolmente il ruolo, che viene così assunto con un atto di libertà e non di costrizione, oppure darsi obiettivi di cambiamento nel medio periodo).
Le quattro teorie accennate non sono tra di loro alternative, ma rappresentano una mappa di riferimento, in cui ciascun modello privilegia una determinata prospettiva, da cui possiamo trarre gli aspetti positivi per l’applicazione nel nostro ambiente di lavoro.
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