Come spartirsi le neo-Province e vivere felici e contenti. Forse l’argomento non è stato trattato nel patto del Nazareno ma quel vento sta soffiando anche in periferia e i dirigenti locali di Pd e Forza Italia si stanno dando da fare. Obiettivo: mettere le mani insieme nella stanza dei bottoni delle città metropolitane, il vestito nuovo delle vecchie Province, e pure in quello degli enti morituri ma poi sembra non tanto. Con buona pace della promessa semplificazione l’arrembaggio è incominciato e c’è trippa per gatti: si stanno eleggendo 64 presidenti e 760 consiglieri col compito di portare a compimento il passaggio delle consegne ma chi è disposto a scommettere che l’operazione sarà rapida e la truppa tornerà a casa in fretta alzi la mano. Poi ci sono le città metropolitane che invece sono state istituite per legge e quindi ufficialmente destinate a durare, qui il boccone è ancora più ambito e si tratta di 8 presidenti e 162 consiglieri. Sono enti di seconda elezione, quindi i politici si scelgono tra di loro. Quando, tra un paio d’anni, si potrà raffrontare quanto costava fare funzionare le Province e quanto costa fare funzionare le città metropolitane ci saranno sorprese. In ogni caso Pd e Forza Italia si sono, in molti casi, trovati in perfetta sintonia: siamo i due partiti del bipolarismo, è stato il ragionamento, i grillini sono isolati nel loro purgatorio e Ncd non conta nulla, facile da fagocitarlo nell’alleanza. Quindi spartiamoci la torta tra noi, lasciando agli altri le briciole perché comunque qualche benevola elargizione è d’obbligo. E via a presentare liste unitarie, decidendo in anticipo quanti a me e quanti a te, votando poi compatti nei Comuni, quasi sempre sordi alle proteste degli esclusi, anche perché il meccanismo dello scaricabarile funziona perfettamente: Nichi Vendola e Angelino Alfano si arrabbiano con Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, i quali all’unisono allargano le braccia, noi non c’entriamo, sono le federazioni provinciali a fare questi pasticci. Come a Torino, dove prima dell’estate Forza Italia aveva convocavano una conferenza stampa per annunciare l’accordo con Fratelli d’Italia e addirittura il logo di una lista per partecipare all’elezione dei membri della città metropolitana. Passata l’estate, con buona pace della Meloni & Co, i forzisti hanno annunciato che faranno una lista col Pd (con annesso Ncd), che Roberto Cota definisce «un’ammucchiata assurda», un forzista dissidente (Gian Luca Vignale) bolla come «un’alleanza promossa da chi rincorre una candidatura», mentre il disarcionato FdI, Agostino Ghiglia, alza gli occhi al cielo: «Decideranno i nostri vertici romani». Ma il coordinatore piemontese di Forza Italia, Gilberto Pichetto, va avanti per la sua strada: “Non avrebbe senso contrapporsi in quella che sarà a tutti gli effetti una fase costituente, le regole vanno scritte insieme». Gli dà una mano, Davide Gariglio, segretario regionale Pd: «Non sono accordi politici, ma intese istituzionali». Un’intesa che darà a Forza Italia tre posti, uno o due al Ncd, nessuno a FdI, una decina al Pd: in totale i posti sono 18 e bisognerà verificare se i grillini presenteranno una propria lista con la possibilità di ottenere qualche seggio. Ovviamente l’accordo dal capoluogo regionale viene calato per li rami e ad Asti, per esempio, Pd e Forza Italia si sono già seduti a tavola. In Puglia le larghe intese sono l’ennesima occasione di lotta all’interno del Pd, con l’ex-sindaco di Bari, Michele Emiliano, che aspira a succedere a Nichi Vendola alla presidenza della Regione, che si è schierato contro, spaccando il partito. A fare da capofila nell’embrasson nous destra-sinistra è Brindisi. Spiega Luigi Vitali, coordinatore locale di Forza Italia: «Una delegazione di Forza Italia ha incontrato una delegazione del Pd per verificare la possibilità di un accordo istituzionale per l’elezione del presidente della Provincia e del consiglio provinciale e si è deciso di impegnarsi per la presentazione di una lista unica assegnando al Pd la presidenza e a Fi la vice presidenza». E a chi non condivide risponde: «Per noi l’accordo resta valido perché sottoscritto da chi ne aveva titolo e mandato». Anche a Taranto le grandi manovre sono in corso e a un passo dalla conclusione, tanto che la direzione del Pd ha affidato al segretario Walter Musillo il mandato di «verificare le condizioni per la più ampia convergenza di forze politiche disponibili e per il più qualificato ruolo protagonista del Pd ionico». Il patto prevede un sindaco forzista (Martino Tamburrano) alla presidenza della Provincia e un vice Pd. Inutile sottolineare l’ira funesta del presidente sellino della Regione, grande escluso in questi accordi. Dice Vendola: «Quando per le province di Taranto e di Brindisi un pezzo del centrosinistra, il Partito democratico, fa l’accordo con la destra e con Forza Italia, sporca un po’ il volto della politica e lo rende incomprensibile». Gli fa eco il presidente del gruppo regionale Sel, Michele Losappio: «Non si può assistere silenziosi all’omicidio del centrosinistra che il Pd sta compiendo nelle province di Brindisi e di Taranto proponendo, in sfregio ai propri elettori, governi e liste con Forza Italia». Rincara la dose il sindaco Sel di Lamezia, Gianni Speranza: «Ma le province non erano state sciolte? In realtà è stato solo abolito il voto dei cittadini: le province restano con tutti i loro costi e anche i consigli provinciali con relativi presidenti. Solo che invece di essere scelti dai cittadini sulla base di limpide proposte politiche tutti questi sono scelti dai partiti e dai consiglieri comunali. Sembra di assistere ad un film dell’horror, con gli zombie che resuscitano, tipo La notte dei morti viventi». Così le neo-Province si stanno rivelando un nuovo, ulteriore terreno di scontro tra Pd e Sil. In Emilia a fare da battistrada è Ferrara, dove è stato compiuto il capolavoro di tutti-dentro: insieme a Pd e Forza Italia ci sono Lega e M5S. Gli esclusi di FdI parlano di «inciucio politico per spartirsi le poltrone». La lista si chiama Provincia Insieme e il suo ideatore, il sindaco pidiessino della città, Tiziano Tagliani, che è anche il candidato presidente della Provincia, dice: «Ma quali poltrone, queste sono sedie elettriche». La lista ha l’originale caratteristica di essere fortissimamente istituzionale e i sindaci ne sono il collante».A sorpresa nel coro, sfidando l’ira di Beppe Grillo, si è inserito anche il sindaco 5stelle di Comacchio, Marco Fabbri, che spiega: «Ho accettato l’invito a mettermi in gioco con grande responsabilità e con lo spirito di mettermi a disposizione, rappresento un territorio importante e non nascondo che c’è stata anche una spinta da parte degli imprenditori del turismo, poiché vi sono importanti investimenti della Provincia da gestire e progetti da portare avanti come quello dell’Ente Parco. Abbiamo anche avuto un’estate complicata e c’è bisogno di fare sistema». In Calabria lo chiamano l’accorduni, siglato a Vibo Valentia e fotocopiato in altri Comuni. La coalizione è formata da pezzi di Forza Italia, Pd e Ncd, una parte di questi ultimi due partiti è in disaccordo e partecipa, clamorosamente, con liste proprie. Insomma, ci si bisticcia più che mai anche su enti che dovrebbero essere destinati all’estinzione. Ma la lista «Insieme per la Provincia, Adesso» ha la benedizione di Matteo Renzi e dei berluscones. Il Pd trattativista è capeggiato da Pasquale Fera, renziano, che fa parte del comitato di garanzia del Pd regionale ed è tra i nuovi dirigenti di punta del partito e dall’ex-presidente della Provincia, Francesco De Nisi, che afferma: «Dispiace la divisione ma il problema è che nel Pd si è voluto utilizzare questa vicenda come battaglia politica». Al voto sono chiamati 45 sindaci e 445 consiglieri comunali: all’accorduni è pronosticato l’en plein. Infine a Genova la lista Pd-Forza Italia (insieme a Sel e Ncd) è già stata depositata, chiamata «Lista costituente», e andrà trionfante all’appuntamento del 28 settembre, quando voteranno più o meno tutti i Comuni d’Italia. L’accordo di Genova sta contagiando anche Savona, ma qui c’è chi punta i piedi e forse si farà dietrofront anche se il coordinatore ligure di Forza Italia, Sandro Biasotti, non ha dubbi: «La lista unica con il partito democratico servirebbe per meglio rappresentare tutto il territorio della Provincia di Savona sia con rappresentanti di partito sia con non iscritti e rappresentanti della società civile, così come è avvenuto nella città metropolitana di Genova».
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