Ai lettori della presente rubrica non sarà sfuggito che anche l’ultimo appuntamento dedicato all’approfondimento delle tematiche connesse alla gestione del potere disciplinare si era occupato anch’esso della difesa del dipendente incolpato in sede disciplinare.
La recentissima pronuncia della sezione Lavoro della S.C. di Cassazione, n. 14106 dell’11 luglio 2016, impone però di tornare nuovamente sul tema, poiché introduce principi di particolare rilievo in materia, ponendo all’attenzione dell’interprete il delicato problema della legittimità della sanzione disciplinare irrogata senza previa convocazione del dipendente incolpato per l’audizione nella quale esporre le proprie giustificazioni.
È doveroso premettere che, come meglio si vedrà in seguito, la Cassazione si è pronunciata in una fattispecie assolutamente peculiare, nella quale la dipendente incolpata aveva, seppur in sede non disciplinare, ammesso le proprie responsabilità; ed è altrettanto da tenere nella debita considerazione che la stessa non abbia, né nel corso del procedimento disciplinare, né in giudizio, giammai negato i fatti addebitatile.
Ciò posto, non può comunque omettersi l’esame della predetta pronuncia che, per lo meno per quanto consta a chi scrive, è la prima ad affermare la legittimità del provvedimento espulsivo irrogato in danno di un dipendente pubblico in una fattispecie nella quale è stato – dato pacifico tra le parti – omesso l’avviso per la convocazione del dipendente per l’audizione disciplinare.
Nella fattispecie pervenuta all’esame della S.C., è controversa la legittimità del licenziamento irrogato ad una dipendente comunale accusata di aver, con abuso della sua qualità di ragioniera addetta alla contabilità, indebitamente maggiorato il proprio stipendio e quello di altri due dipendenti; la stessa aveva riconosciuto le proprie responsabilità innanzi alla P.G. ed in una nota inviata al Sindaco, ragion per cui sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato l’impugnativa di licenziamento proposta dalla dipendente, che assumeva l’illegittimità della sanzione per essere stata omessa la convocazione per l’audizione. Sul punto, in particolare, la Corte territoriale motivava sottolineando che l’aver reso dichiarazioni di ammissione dell’addebito aveva fatto venir meno l’esigenza della convocazione.
Avverso tale pronuncia ricorreva per cassazione la dipendente, con diversi mezzi di censura. Per quel che concerne lo specifico tema oggetto di approfondimento, rileva il primo motivo di ricorso, con cui, sotto diversi profili, viene dedotta la violazione delle disposizioni, di legge e di contratto collettivo, che impongono la convocazione per l’audizione del dipendente prima dell’adozione del provvedimento disciplinare, qualora superiore al rimprovero verbale.
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