La Corte di Cassazione si è recentemente interessata del provvedimento espulsivo effettuato nei confronti di un responsabile del settore lavori pubblici di un Comune, nascente da una memoria difensiva ad un procedimento disciplinare conservativo inviata ad organi estranei all’amministrazione. In particolare gli organi esterni erano stati allertati dal responsabile poiché nella memoria, a discolpa di un provvedimento disciplinare attivato nei suoi confronti, venivano evidenziati presunti illeciti da parte dell’Amministrazione ed in particolare di tali illeciti erano stati notiziati, la Procura ella Repubblica, la Prefettura e la competente Soprintendenza ai beni architettonici. Le motivazioni del successivo atto espulsivo, a lui comminato dall’amministrazione, riguardavano un comportamento contrario all’obbligo di fedeltà sancito dall’
art. 2105 c.c. – da coordinarsi con i principi generali di correttezza e buona fede di cui agli
artt. 1175 e
1375 c.c. -, stante il contenuto della memoria stessa, diretto a gettare discredito su detta amministrazione. Sia il Tribunale di prime cure che la successiva Corte di appello avevano ritenuto legittimo il citato provvedimento espulsivo ed, in particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che il lavoratore, inviando la sua memoria a soggetti estranei all’amministrazione comunale, avesse posto in essere un atto esorbitante dalle finalità del procedimento disciplinare ed avesse adombrato anche presunti illeciti dell’amministrazione idonei a screditarla e della cui veridicità, anche solo putativa, non vi era prova. In un primo tempo il giudice di legittimità aveva rinviato nuovamente la causa alla Corte di appello, in considerazione di un vizio di motivazione riguardante sia la sussistenza che l’intensità della violazione disciplinare, con particolare riferimento alla asserita divulgazione della memoria difensiva, contestata dal ricorrente, e al conseguente pregiudizio all’immagine che sarebbe derivato per l’amministrazione. La successiva sentenza della Corte di appello in diversa composizione, ribadendo la legittimità del licenziamento aggiungeva, inoltre, come le affermazioni contenute nella memoria insinuavano nel lettore la convinzione di una gestione oscura, opaca e per non dire del tutto illegittima del Comune da parte dei suoi vertici istituzionali, primo fra tutti del sindaco, che spaziano dall’asserita manipolazione del protocollo, alla lamentata correzione di delibere di giunta, dal contenzioso con i cittadini nel settore delle concessioni edilizie a pretese variazioni del piano regolatore adottate in modo illegittimo e così via. Concludeva la Corte come tale comportamento fosse di gravità tale da giustificare la massima sanzione disciplinare, avuto riguardo al “grado di affidamento richiesto dalle mansioni affidate al lavoratore ed all’intensità dell’elemento intenzionale.
Le motivazioni del nuovo ricorso in Cassazione
Il ricorrente ricorre nuovamente in Cassazione evidenziando come:
a) fosse del tutto legittimo l’indirizzamento di tale scritto a soggetti ivi indicati;
b) non era stato provato alcun danno all’immagine che sarebbe derivato all’Amministrazione dalla divulgazione della memoria.
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