È quanto prevede il decreto legge approvato ieri a Palazzo Chigi per dare piena attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale (n.
223/2012) che ha dichiarato incostituzionale sia il prelievo contributivo del 2,5% sul Tfr dei dipendenti pubblici, sia il contributo di solidarietà del 5 e del 10% sulla parte di retribuzione che eccede, rispettivamente, i 90 e i 150mila euro lordi annui.
A introdurre le misure che la Consulta ha bocciato era stato il decreto 78 del 2010 quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi e a via Venti settembre Giulio Tremonti.
Ma il compito di correre ai ripari è toccato al Governo Monti.
Per gestire gli effetti della sentenza, il Consiglio dei ministri di ieri ha deciso di imboccare due strade distinte.
Per l’abolizione della trattenuta del 2,5% sulle liquidazioni è stato utilizzato il decreto legge.
Per la ripresa delle trattenute e le restituzioni delle somme indebitamente prelevate ai dipendenti si procederà in via amministrativa con un decreto del presidente del Consiglio (Dpcm).
E questo facendo leva sulla legislazione vigente, applicando una sorta di clausola di salvaguardia secondo cui, se in determinate circostanze dovessero venire meno le entrate della manovra (da leggere anche con possibile pronunce giurisdizionali), il Governo può procedere con un taglio lineare sulle spese delle pubbliche amministrazioni.
Al Dpcm sarà demandata anche la definizione delle modalità operative di erogazione dei rimborsi dovuti.
La partita più delicata resta comunque quella relative alle liquidazioni dei dipendenti pubblici.
Il decreto legge di un solo articolo, inviato al Capo dello Stato, prevede che l’articolo 12, comma 10, del Dl anticrisi del 2010 venga abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011.
Per salvaguardare la tenuta dei conti pubblici, lo stesso testo prevede il ritorno al trattamento di fine servizio (Tfs) che – in virtù della quota trattenuta direttamente sul dipendente – per il datore di lavoro (pubbliche amministrazioni centrali e locali) è meno oneroso rispetto al trattamento di fine rapporto.
Sempre secondo il decreto legge approvato ieri gli oneri che dovrà sostenere lo Stato per la riliquidazione dei “Tfs” ammontano a 21 milioni complessivi per il 2012 (1 milione), 2103 (7 milioni) e 2014 (13 milioni), e in 20 milioni a decorrere dal 2015.
Per le riliquidazioni dei trattamenti di fine servizio il Governo si dà ora un anno di tempo.
Infatti viene previsto che i Tfs «comunque denominati», che sono stati liquidati prima dell’entrata in vigore del nuovo Dl secondo quando prevedeva il decreto 78, saranno riliquidati d’ufficio entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legge approvato ieri.
Si applicheranno cioè le regole in vigore prima della stretta sugli statali introdotta dal Governo Berlusconi.
E, comunque sia, la rideterminazione delle liquidazioni spettanti non potrà dare luogo ad alcun recupero delle somme erogate in precedenza nei confronti del dipendente.
Per quanto riguarda, infine, le cause pendenti avviate dai dipendenti pubblici per ottenere la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,5%, il provvedimento messo a punto dall’Esecutivo ne dispone l’estinzione di diritto.
Un’estinzione che potrà essere dichiarata anche d’ufficio.
Al tempo stesso vengono sterilizzati del tutto gli effetti di eventuali sentenze già emesse, fatta eccezione per quelle nel frattempo passate in giudicato.
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