Massima
La patologia impeditiva considerata dall’art. 2110 cod. civ., che, in deroga ai principi generali, riversa entro certi limiti sul datore di lavoro il rischio della temporanea impossibilità lavorativa, va intesa non come stato che comporti la impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività, ma come stato impeditivo delle normali prestazioni lavorative del dipendente; di guisa che, nel caso di un lavoratore assente per malattia il quale sia stato sorpreso nello svolgimento di altre attività, spetta al dipendente, indubbiamente secondo il principio sulla distribuzione dell’onere della prova, dimostrare la compatibilità di dette attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa, la mancanza di elementi idonei a far presumere l’inesistenza della malattia e quindi, una sua fraudolenta simulazione, e la loro inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche, restando peraltro la relativa valutazione riservata al giudice del merito all’esito di un accertamento da svolgersi non in astratto, ma in concreto, con giudizio ex ante.
Fatto
Il ricorrente ha adito il Tribunale di Napoli davanti al quale esponeva: di aver prestato attività lavorativa alle dipendenze dell’impresa convenuta svolgendo mansioni di operatore ecologico raccoglitore; di aver ricevuto contestazione disciplinare perché, assente per malattia nel periodo, era stato impegnato in altre attività, ponendo in essere un comportamento incompatibile col proprio stato di salute; di esser stato licenziato per giusta causa.
Tanto in primo grado quanto in appello il licenziamento è considerato illegittimo.
Il ricorso in Cassazione è presentato dal datore di lavoro.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento