Mobbing al poliziotto antidroga: “Un milione di risarcimento”

In tribunale la richiesta dell’agente della Polaria che dichiara: “Mi avevano fatto fuori con l’accusa falsa di aver preso i soldi delle missioni”

Marcello Serra 6 Aprile 2013
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Ha combattuto il narcotraffico sul litorale romano, smantellato traffici internazionali di droga e le sue indagini avrebbero portato alla cattura di importanti criminali affiliati a cosche mafiose. Ma, a un certo punto, la sua carriera è stata inspiegabilmente stroncata e lui non è stato più ritenuto idoneo ai servizi di polizia. Ora al ministero dell’Interno e al Dipartimento di pubblica sicurezza P.F., ex agente della Polaria, ha chiesto un risarcimento di oltre un milione di euro per mobbing.

Attraverso un ricorso presentato al Tar e al tribunale civile di Roma il suo legale, l’avvocato Floriana De Donno, ha ripercorso l’intera vicenda. Una storia davvero kafkiana.
Tutto comincia nel 2003 quando P.F. aveva già 18 anni di servizio ed encomi per operazioni antidroga messe a segno con successo nella squadra giudiziaria della polizia di frontiera. In quell’anno un esposto anonimo indicò lui e il suo team come i “golden boy” che si erano appropriati indebitamente di soldi per missioni fatte tra il 2002 e il 2003 senza averne avuto diritto. Una truffa allo Stato.

Per scoprire che quei soldi, oltre 20mila euro, gli spettavano e che lui non aveva truffato nessuno, l’agente ha dovuto aspettare 5 anni. Ma quando nell’agosto del 2008 dall’ufficio contabile della questura di Roma gli arrivò la lettera che ammetteva la regolarità di quei pagamenti ormai era troppo tardi. La sua storia professionale era stata già ampiamente compromessa da indagini interne, inchieste della magistratura, dubbi, sospetti, ma soprattutto l’allontanamento dal suo ufficio e dalle sue importanti indagini. E poco importa se da quelle accuse infamanti l’assistente capo P.F. è stato assolto. Ormai il suo stato psicofisico è compromesso e il super poliziotto che affrontava pericolosi boss ora vacilla tra stati d’ansia e depressioni.

A stabilirlo non solo i referti medici allegati al ricorso, ma addirittura una sentenza che il gip Oreste Villoni della procura di Roma firmò nel 2008. «Va rigorosamente ricordato che da tutte le accuse nel tempo rivolte loro (all’agente della polaria e alla sua squadra, ndr), sono stati prosciolti e che alcuni di essi sono stati costretti a lasciare il servizio, mentre gli altri lamentano la circostanza di essere stati dimensionati e sminuiti nella loro professionalità, finendo per accusare anche vere e proprie patologie psichiche e fisiche conseguenti allo stato di profondo disagio determinato dagli eventi sopra esposti». Ora qualcuno è chiamato a pagare.

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