Il TAR ha chiarito che un’interpretazione ed applicazione assoluta e incondizionata del principio di non monetizzabilità delle ferie non sarebbe conforme ai principi costituzionali, in particolare quelli che riconoscono al lavoratore il diritto alle ferie e ad ammalarsi (artt. 36 e 38 Cost.); dovendosi perciò distinguere le ipotesi assoggettate all’ambito di operatività del divieto di conversione in denaro da quelle in cui questo non opera.
Possiamo distinguere, quindi:
– le vicende estintive specificamente richiamate dalla norma, caratterizzate dal fatto che in esse il dipendente concorre attivamente alla mancata fruizione del proprio diritto con atti (dimissioni) oppure con comportamenti incompatibili con la permanenza del rapporto (pensionamento, cui sono stati aggiunti, per analogia, il licenziamento disciplinare e il mancato superamento del periodo di prova);
– gli eventi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro, quali il decesso, la dispensa per inidoneità permanente e assoluta, la malattia, l’aspettativa e la gravidanza.
Appare pertanto corretto, ad avviso del Tar, ritenere che il periodo di ferie di cui il dipendente non abbia potuto fruire per il protrarsi della malattia ovvero anche per eccezionali, improcrastinabili esigenze di servizio e non abbia potuto recuperare per effetto della successiva intervenuta cessazione del rapporto possa essere monetizzato.
LEGGI la sentenza del TAR Toscana n. 459/2017
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