Le amministrazioni e le società partecipate devono anzitutto comunicare al dipartimento della Funzione pubblica – tramite organismi indipendenti di valutazione – tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle Pa, individuate discrezionalmente dal l’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione.
La previsione (articolo 1, comma 39 legge 190/2012) è finalizzata a garantire al meglio la separazione tra indirizzo politico e gestione.
Nella prospettiva invece di ridurre il rischio di potenziali conflitti di interesse, le nuove norme delineano un intervento integrativo nella legge 241/1990, inserendo nella stessa un articolo (il 6-bis) che disciplina la regolazione generale di questa situazione.
La disposizione prevede che il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.
Se la norma incardinata nella legge sul procedimento amministrativo fornisce garanzie per l’azione dei funzionari pubblici in relazione alle attività amministrative, la legge anticorruzione rafforza e rende più stringenti le procedure relative all’autorizzazione di incarichi professionali ai dipendenti pubblici da parte di soggetti privati o pubblici, rimodulando e integrando varie parti dell’articolo 53 del Dlgs 165/2001.
In particolare, il provvedimento con cui l’amministrazione di appartenenza consente al dipendente di svolgere queste attività esterne deve ora contenere l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.
E la linea di tutela si estende anche a un periodo di garanzia successivo all’eventuale cessazione del rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica.
È infatti previsto che i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.
I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti.
La massima responsabilizzazione dei dipendenti pubblici sarà peraltro sostenuta (comma 44) con un nuovo e più articolato codice di comportamento generale, rispetto al quale ciascuna amministrazione definirà un proprio codice integrativo (con la collaborazione dell’organismo indipendente di valutazione).
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