Il caso particolare, oggetto di intervento da parte della Cassazione, riguarda il licenziamento di un dirigente pubblico disposto dal sindaco a seguito di condanna penale.
La vicenda
Il sindaco con provvedimento ratificato dalla giunta comunale disponeva la sospensione cautelare del dirigente sottoposto a procedimento penale, sospensione che da facoltativa si tramutava in obbligatoria a seguito della condanna in primo grado, fino alla sentenza definitiva del procedimento penale. A seguito della sentenza definitiva di condanna penale disposta dalla Cassazione, il Sindaco, con proprio decreto formulava la contestazione disciplinare con contestuale sospensione dal servizio per gg. 30 e, con successivo decreto disponeva il licenziamento del dirigente per giusta causa, ai sensi dell’art. 27 del CCNL Area dirigenza. Mentre il Tribunale di primo grado rigettava il ricorso del dirigente contro il provvedimento di licenziamento, la Corte di Appello dichiarava la nullità del recesso, in quanto adottato dal sindaco e non dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari, e condannava il Comune appellato a corrispondere al dirigente estromesso le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella di ripristino del rapporto, con interessi legali. La Cassazione con sentenza n.16190/2011 rendeva definitiva la sentenza confermando la nullità del recesso.
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