C’è confusione sulle cifre: in un primo momento lo stipendio del primo presidente di Cassazione era fissato a 311 mila euro. Nel provvedimento del governo sottoposto al parere parlamentare, presentato il 30 gennaio scorso, all’articolo 3, invece, si parla di 304. 951, 95 euro. Ma ieri, invece, in Commissione, il ministro Patroni Griffi ha detto che il tetto massimo per gli stipendi dei dirigenti della Pubblica amministrazione non può sforare i 294 mila euro. Mistero. É sballato anche il ruolino di marcia: nessun super manager si era fino a ieri preoccupato di comunicare i suoi dati di persona. E il ministero della Funzione pubblica ieri non li aveva nemmeno ricevuti ufficialmente dalla Ragioneria dello Stato. Motivazione? Tali dati sono imprecisi e non quantificabili. E in effetti, nonostante l’operazione trasparenza fatta nella gestione Brunetta, secondo la quale gli stipendi dei manager pubblici dovevano essere messi online, le informazioni presenti sono lacunose e incomplete.
Qualche esempio: non ci sono i redditi dei vertici del ministero dell’Economia, non si capisce quanto guadagnino gli ambasciatori in servizio, non ci sono le retribuzioni del capo di Stato maggiore della Difesa, del capo di Stato maggiore delle Forze armate, del segretario generale della Difesa. Non si trova il compenso del capo della Polizia, né del comandante dell’Arma generale dei carabinieri. Per quel che riguarda il ministero della Giustizia, solo il reddito di un capo dipartimento è online. Mentre per i dirigenti dell’Agenzia delle Entrate (a parte il direttore che guadagna 363 mila euro) viene stabilito solo un massimo e un minimo. Dal ministero della Funzione pubblica confidano che i dati arriveranno, perché la Ragioneria li deve solo elaborare, visto che li paga.
Ma ieri le proteste sono già arrivate dalla commissione Affari costituzionali e lavoro della Camera, che li stanno aspettando. I casi non noti rispetto a quelli ancora da stabilire sono la maggioranza: nell’ordine delle centinaia. Tra i casi limite degli stipendi nel mirino sono noti: da quello del ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, accreditato di 516 mila euro l’anno, al direttore dell’Agenzia delle entrate, Attilio Befera (620 mila euro), al presidente del Coni, Gianni Petrucci (400).
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