Mannaia sui dirigenti pubblici: saranno licenziabili, se rimasti senza incarico per un periodo prolungato di tempo, tuttavia per decadere dal ruolo il loro operato dovrà essere stato valutato «negativamente» dall’organismo di appartenenza. Tutt’altra sorte, invece, per gli amministratori delle società partecipate, legati al risultato (positivo, o negativo) dell’azienda, e quindi remunerati con un «compenso economico variabile».
Raffica di modifiche, nella giornata di ieri, al disegno di legge del ministro Marianna Madia in materia di riorganizzazione della p.a. (3098), in commissione affari costituzionali alla camera; numerosi gli emendamenti (soprattutto dei democratici) approvati, che hanno corretto gli articoli sulla dirigenza pubblica e sul pubblico impiego, mentre a partire da martedì 7 luglio saranno esaminati, hanno fatto sapere fonti parlamentari, i capitoli sui corpi di polizia e sulla conferenza dei servizi.
Ritocco rilevante, imposto dal Pd, pure quello sui requisiti per l’accesso ai concorsi pubblici, laddove non conterà più soltanto il voto di laurea conseguito, bensì anche l’università frequentata dal candidato, in modo che la votazione possa essere così rapportata al «peso» dell’ateneo che l’ha assegnata.
E, sempre in tema di selezioni, è passato un «giro di vite» sulla designazione dei direttori generali, amministrativi e sanitari delle strutture sanitarie, riducendo la discrezionalità nelle nomine: le regioni avranno a disposizione una rosa di persone, proposta da una commissione «ad hoc» che, e questa è la novità, non sarà formata semplicemente attingendo dall’elenco nazionale dei dirigenti, ma sarà composta anche da chi, iscritto all’elenco, si è fatto avanti, manifestando interesse per l’avviso pubblico.
Come già evidenziato, per i vertici della p.a. conterà molto la reputazione conquistata in servizio, visto che in caso restino privi di funzioni per un determinato lasso temporale, a dar loro la «spinta» verso l’uscita dall’ente sarà proprio una eventuale «bocciatura» per non aver svolto correttamente i propri compiti.
Al contrario, è saltato l’obbligo (previsto inizialmente dal ddl governativo) di un esame per i dirigenti che puntano all’assunzione a tempo indeterminato, poiché la I commissione ha acceso il semaforo verde sulla necessità che siano «valutati» dall’amministrazione presso la quale è stato loro attribuito l’incarico iniziale, senza perciò superare un apposito concorso; modificata, inoltre, la durata del periodo di prova, che scende da 4 a 3 anni (nei quali i dirigenti avranno obblighi formativi).
Quanto, poi, alla figura del segretario comunale, oggetto di un vero e proprio restyling, è stato approvato un testo che conferisce le loro attuali competenze di rogito «ai dirigenti apicali aventi i relativi requisiti»; ne consegue che i futuri dirigenti appartenenti al ruolo unico (che il ddl istituisce) saranno ufficiali roganti, e potranno così redigere documenti in forma pubblica amministrativa, aventi efficacia di atto pubblico, proprio come quelli stipulati da un notaio.
Il M5s ha impresso una «virata», ottenendo il via libera ai «premi» agli amministratori delle società partecipate: la remunerazione sarà vincolata alla performance (virtuosa, o meno) delle aziende guidate. E, fra le modifiche varate, quella di Claudio Borghi (Pd), secondo cui per dirigenti e dipendenti dei Comuni con meno di 5.000 abitati potranno essere avviati corsi di formazione sulla «spending review».
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