P.a., niente soldi dalle ferie residue

Il dl 95 fa scattare la responsabilità disciplinare e amministrativa in caso di violazione

Marcello Serra 3 Agosto 2012
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Dallo scorso 7 luglio le ferie non fruite da parte dei dirigenti e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche non possono essere monetizzate. Tale divieto sembra applicarsi anche alle specifiche istanze avanzate prima di tale data e che non hanno avuto una risposta positiva. Si raccomanda ai dirigenti e ai responsabili di prestare particolare attenzione al rispetto di questa disposizione. La sua violazione determina infatti sia il maturare di responsabilità disciplinare ed amministrativa sia l’obbligo di restituzione da parte del dipendente. Sono queste le principali indicazioni contenute nel comma 8 dell’articolo 5 del dl n. 95/2012, la cosiddetta spending review, per come licenziato dal senato. Da sottolineare che sul punto non si sono avute variazioni di rilievo nel corso dell’esame parlamentare.Questa misura si inserisce nel quadro delle iniziative per conseguire risparmi di spesa nel pubblico impiego. Essa vuole inoltre sanare una condizione di anomalia presente in molte amministrazioni pubbliche in cui i dipendenti e/o i dirigenti non godono dei periodi di ferie fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Ricordiamo che le ferie sono un diritto «non disponibile», che deve quindi essere goduto da parte dei dipendenti perché servono a garantirgli il recupero delle energie psicofisiche: in questo senso vanno i principi dettati nella nostra Costituzione. In applicazione di questi principi, i dirigenti in quanto dotati dei poteri e delle capacità del privato datore di lavoro possono o, per molti aspetti, devono collocare d’autorità in quiescenza i dipendenti che non chiedono le ferie.La normativa contrattuale, in particolare quella del personale e dei dirigenti degli enti locali, prevede la monetizzazione delle ferie non godute unicamente al momento della cessazione dal rapporto di lavoro. Si ricorda che l’applicazione di questo istituto è stata subordinata dalla giurisprudenza contabile alla circostanza che l’ente, per documentate ragioni di servizio, ha rigettato la domanda di ferie presentate dal dipendente. Da sottolineare che, con forza ancora maggiore, questo istituto si applica anche ai dirigenti: essi infatti non sono tenuti a chiedere l’autorizzazione per recarsi in ferie, ma se le auto assegnano, garantendo al più un coordinamento in modo da non determinare condizioni di difficoltà operative per l’ente. Per cui la loro mancata fruizione non può in alcun modo essere collegata alla loro volontà, ma deve risultare che espressamente l’ente ha chiesto al dirigente di non assentarsi per specifiche esigenze di servizio.In tale quadro si inserisce la novella legislativa che vieta la monetizzazione delle ferie non godute attraverso 2 interventi. In primo luogo stabilendo il principio che l’assenza dall’ufficio per il recupero psico fisico devono essere «obbligatoriamente fruiti» e che non possono essere monetizzati. In secondo luogo, abrogando le norme contrattuali che lo consentono all’atto della cessazione dal rapporto di lavoro. Ambedue queste disposizioni sono entrate in vigore lo scorso 7 luglio, cioè la data di entrata in vigore del decreto.Si deve sottolineare l’ampiezza dell’ambito di applicazione della disposizione. In primo luogo essa si applica a tutte le amministrazioni pubbliche inserite nel conto consolidato e alle autorità indipendenti, ivi compresa la Consob. In secondo luogo, questa norma si applica a tutte le ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro, con espressa menzione di «mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età». Da sottolineare la imprecisione contenuta nel richiamo alla mobilità: non siamo in presenza di una forma di cessazione, ma di una semplice modifica del rapporto di lavoro, per cui in questo caso non si dà comunque corso alla monetizzazione delle ferie non godute.La disposizione reca delle sanzioni assai dure per la sua violazione. In capo al dirigente responsabile maturano tanto la responsabilità amministrativa che quella disciplinare. In capo al dipendente matura l’obbligo di restituire all’ente i compensi indebitamente percepiti. Come si vede il legislatore ha voluto dettare misure assai rigide e che vogliono indurre le amministrazioni a prestare la massima cura per l’applicazione della regola.Nella norma manca una disciplina del periodo transitorio. Si deve considerare che la nuova disposizione non si applica unicamente al futuro, cioè ai periodi di lavoro successivi alla entrata in vigore del divieto. Essa si estende, per indicazione che possiamo considerare implicita, anche ai periodi maturati in precedenza. In questo ambito si pone la possibilità di rivedere la norma contrattuale per cui la fruizione delle ferie è impedita nel periodo di preavviso. L’entrata in vigore sic et simpliciter della nuova disposizione sembra colpire anche i dipendenti cessati dal servizio che hanno chiesto la monetizzazione delle ferie non godute e che non hanno avuto corrisposto tali compensi prima dello scorso 7 luglio. In questo senso, prevalendo anche a parere di chi scrive, sui diritti che si sono formati, va il dettato normativo con la immediata abrogazione delle disposizioni contrattuali e legislative che prevedevano la monetizzazione delle ferie non godute.

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