“La questione che resta prioritaria – sottolinea Nicolosi – è quella della precarietà, perché riguarda decine e decine di migliaia di persone, coloro che mandano avanti molta parte del servizio della P.a”. C’è stata una proroga dei contratti fino alla fine dell’anno, “ma il tempo scorre e noi non stiamo vedendo soluzioni”.
Per la Cgil, spiega Nicolosi, “ci dovrebbe essere una sorta di riferimento alla stabilizzazione” come fece il governo Prodi. “Bisogna creare le condizioni affinché le nuove norme per l’accesso alla P.a. si facciano il prima possibile: non ci possono essere i contratti di precarietà”, né tantomeno “questa proliferazione di assunzioni per consulenze specifiche” che “sta diventando un vero e proprio scandalo”.
Quanto al blocco dei rinnovi per i contratti del pubblico impiego, “non è ammissibile – aggiunge Nicolosi – che governi diversi abbiano lo stesso identico principio di utilizzare la mannaia. Da questo punto di vista, il governo Letta ha tutta la nostra contrarietà”. La richiesta all’esecutivo è di aprire subito il tavolo negoziale. “Sappiamo che non sarà facile trovare la soluzione, anche perché poi ci sono le questioni della spending review e delle riforme istituzionali”.
Su quest’ultimo punto, il Consiglio dei ministri di venerdì ha dato il via libera al disegno di legge costituzionale per l’ abolizione delle Province. “Sono convinto – osserva il dirigente sindacale – che bisogna arrivare a un processo di riforma della Pa, compresa la modifica delle Province. Per quanto ci riguarda non siamo contrari. Ovviamente c’è tutto il tema che interessa le funzioni che debbono essere riconsegnate a altri enti e c’è il problema, per quanto ci riguarda, dei lavoratori, circa 60mila, su cui bisognerebbe aprire una discussione seria”.
Più in generale, prosegue Nicolosi, “abbiamo il bisogno di costruire un’idea del lavoro e soprattutto di capire qual è la missione industriale di questo Paese. Penso all’aumento della domanda, perché le politiche dell’offerta non bastano: uno può offrire un prodotto anche a un costo basso, ma se chi deve domandare, chi deve comprare, non ha le risorse economiche, quel prodotto non viene consumato”. Da questo punto di vista “bisogna sviluppare una politica della domanda e per farlo c’è bisogno di redistribuire la ricchezza dalla rendita verso il salario”.
La seconda leva è quella del fisco. Per il dirigente della Cgil “bisogna alleggerirlo nei confronti del lavoro dipendente e delle pensioni”. Questa è l’altra leva che può incrementare la domanda, “che può aiutare a fare arrivare soldi freschi nelle tasche dei cittadini”. Un punto sul quale “c’è bisogno di molto coraggio” da parte del governo, un coraggio che “fino a questo momento non c’è stato”. E intanto, “questo bisticcio Imu, non Imu e compagnia cantante sta diventando veramente abbastanza stucchevole”.
(FONTE: www.rassegna.it)
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