«Ecco, ad esempio, se un dipendente pubblico viene ripreso in un video mentre passa il badge in deshabillè per poi tornarsene a casa… Si può trovare il modo di cacciarlo via?». Le cronache continuano a parlare (e filmare, ultimo episodio a Piazza pulita proprio ieri sera) fatti che gettano discredito sulla Pa, e Matteo Renzi dà mandato alla ministra per la Pa Marianna Madia di individuare due o tre norme «forti e di impatto» che facciano capire che la riforma è un punto di svolta in un “linguaggio” comprensibile dai cittadini. Delle punte di lancia, insomma, che facciano capire innanzitutto che «l’epoca dei furbetti è finita».
Il premier ne ha parlato mercoledì mattina, in una riunione a Palazzo Chigi per mettere a punto i decreti delegati della riforma Pa, proprio con la Madia e con Antonella Manzione, capo del legislativo di Palazzo Chigi. Una o più norme antifannulloni, dunque, affinché chi fa il furbetto possa essere allontanato almeno quando colto in flagrante. Fare presto, fare bene e trovare delle chiavi per cui la riforma possa «arrivare» agli italiani: non certo un rimbrotto quello fatto da Renzi alla sua ministra, ma una sorta di spinta. La licenziabilità immediata dei fannulloni è una cosa che farà discutere, certo, il premier ne è consapevole, e che probabilmente solleverà le proteste dei sindacati. Ma il punto è politico oltre che naturalmente mediatico: l’attuazione della riforma della Pa è l’ultima grande sfida, oltre a quella dell’abbassamento dell’Ires e dell’Irpef, conti permettendo, che resta davanti al governo una volta portata a casa la riforma del lavoro e (quasi) la riforma costituzionale. E i cittadini devono capirne l’importanza senza che tutto si perda ancora una volta nel burocratese.
Sui testi dei decreti per la prima attuazione della riforma, intanto, il confronto continua, a partire dal nodo della vigilanza sulle società partecipate. Dove sarà istituito, se alla presidenza del Consiglio oppure al ministero dell’Economia, lo si saprà solo all’ultimo momento. Ma l’Organo di vigilanza amministrativa su queste società a partecipazione pubblica ci sarà e toccherà a questa struttura garantire l’enforcement del nuovo testo unico che, entro un anno dalla sua pubblicazione, cancellerà non meno di duemila società. La questione della collocazione della nuova vigilanza «è ancora aperta» ha detto ieri la ministra Madia, che ha anche escluso il rischio esuberi generato dal riordino di queste aziende: «Abbiamo in progetto un meccanismo tipo quello delle Province, con il ricollocamento del personale laddove ce ne è bisogno» sia per quanto riguarda le partecipate pubbliche che per le Camere di Commercio, che verranno ridotte da 105 a 60.
Riguardo al lavoro dei tecnici sui testi, il vaglio – fanno sapere fonti dirette – è andato ben oltre il tema del «capitalismo municipale». Al Tesoro, per esempio, si stanno studiando le semplificazioni delle norme sulla trasparenza contenute nel dlgs 33/2013 (la cosiddetta “legge Severino”). Si punta a concentrare gli obblighi di accesso ai dati e diffusione delle informazioni alle sole amministrazioni che detengono le banche dati più importanti, liberando da questo onere migliaia di altre amministrazioni. E il ministero dell’Economia diventa forse il soggetto più importante di questa operazione di avvio, anche in Italia, di un modello di “freedom of information act” (Foia). Con questa strumentazione nuova, ha detto ieri Madia al workshop Agid, non solo si combatteranno corruzione e sprechi con più efficacia «ma soprattutto riavviciniamo Stato e cittadini». «L’implementazione non deve fermarsi mai – ha continuato Madia – il governo deve, mese dopo mese, dimostrare i passi avanti fatti per arrivare alla data clou della fine del 2017 e lo sta facendo con i provvedimenti che porteremo in un prossimo Consiglio dei ministri: il codice dell’amministrazione digitale e il Foia che è un passo in avanti a cui credo molto».
Tornando all’atteso testo unico sulle partecipate, vengono confermati tutti i contenuti fondamentali: l’applicazione anche a queste aziende della regulation societario-fallimentare valida per le imprese private, la limitazione della natura giuridica alle sole Spa e Srl, la riduzione del perimetro di attività cui possono essere dedicate. L’organo di vigilanza, da attivare a costo zero, non verificherà solo il rispetto dei tempi per la transizione al nuovo sistema, con la chiusura delle partecipate non più idonee. A questa unità – che gestirà una banca dati di tutte le società partecipate – dovranno essere inviati i bilanci e altri documenti obbligatori,e potrà far scattare ispezioni e controlli presso le società. Nel caso di gravi irregolarità o inefficienze di gestione, il governo disporrà l’avvio di una amministrazione straordinaria o, se del caso, la liquidazione delle società partecipate. Proprio sulla questione delle responsabilità restano da affrontare le obiezioni sollevate dai magistrati contabili. La questione più spinosa riguarda la previsione, scritta nelle bozze circolate finora, che limita le competenze della Corte dei conti ai danni erariali subiti dagli enti proprietari, mentre gli amministratori delle società resterebbero soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali. La riforma prospetta poi una sorta di doppio binario fra Corte dei conti e Antitrust sui pareri che devono accompagnare la costituzione di nuove società, aprendo al rischio che gli eventuali «no» dei magistrati siano impugnabili davanti al Tar. Di questo e di altri punti si parlerà in mattinata in un confronto tra Funzione pubblica e l’associazione dei magistrati contabili, che tre giorni fa avevano chiesto un incontro al ministero.
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