Il Comune ha chiesto un parere in ordine alla possibilità di attivare un rapporto di lavoro accessorio occasionale (voucher) con un dipendente che sarà collocato in quiescenza dal 1 marzo 2016, a seguito del raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata di anzianità. L’Amministrazione istante intenderebbe avvalersi di detta fattispecie lavorativa, in attesa di espletare la procedura di mobilità di comparto per la copertura del posto lasciato vacante dal dipendente interessato. L’Ente precisa altresì che lo stesso soggetto, attualmente inquadrato nell’area della polizia locale, si occuperebbe esclusivamente di pratiche di carattere amministrativo.
Sentito il Servizio sistema integrato del pubblico impiego della Direzione generale, preliminarmente si osserva che l’art. 55, comma 1, lett. d), del d.lgs. 81/2015 ha abrogato, fra le altre disposizioni, anche l’art. 70 del d.lgs. 276/2003, disciplina che in precedenza normava la materia delle prestazioni occasionali di tipo accessorio.
Il riferimento normativo attuale è ora rappresentato dall’art. 48 del d.lgs. 81/2015, che definisce la tipologia del lavoro accessorio ed il campo di applicazione.
Il comma 1 del richiamato articolo precisa che, per prestazioni di lavoro accessorio, si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati.
Il successivo comma 2 dispone inoltre che prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000 euro di compenso per anno civile, rivalutati ai sensi del comma 1, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.
Considerata la sostanziale corrispondenza – per quanto d’interesse – col tenore della disciplina prima vigente, appare utile sottolineare – come già a suo tempo rilevato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali[1], in riferimento alla modifica al testo dell’art. 70 del d.lgs n. 276/2003, apportata dalla l. n. 92/2012 – che l’evoluzione normativa ha eliminato quella serie di causali soggettive e oggettive che consentivano in precedenza il ricorso a detto istituto, sostituendolo con una disposizione che prevede essenzialmente limiti di carattere economico.
Allo stato attuale, quindi, per il committente pubblico[2], si prevede la possibilità di ricorrere al lavoro accessorio ‘nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente disciplina in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno'[3].
Pertanto, già a seguito della riforma legislativa intervenuta nel 2012, è possibile utilizzare il lavoro accessorio in tutti i settori, da parte di qualsiasi committente pubblico, con qualsiasi lavoratore, nel rispetto di un compenso massimo annuale stabilito[4].
Per quanto concerne, nello specifico, il profilo di un’ eventuale incompatibilità, come rilevato dall’INPS[5], il ricorso all’istituto del lavoro accessorio occasionale non è compatibile con lo status di lavoratore subordinato (a tempo pieno o parziale), se impiegato presso lo stesso datore di lavoro titolare del contratto di lavoro dipendente.
Tale incompatibilità non sussiste invece qualora si tratti di dipendente collocato in quiescenza.
Per quanto riguarda la categoria dei ‘pensionati’, lo stesso INPS ha precisato che possono beneficiare del lavoro accessorio i titolari di trattamenti di anzianità o di pensione anticipata, pensione di vecchiaia, pensione di reversibilità, assegno sociale, assegno ordinario di invalidità e pensione di invalidi civili, nonché di tutti gli altri trattamenti che risultino compatibili con lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa[6].
Per quanto qui ci occupa, si osserva che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo ad un interpello formulato dall’ANCI su questione analoga a quella prospettata allo scrivente[7], ha precisato che il quadro normativo relativo al lavoro accessorio va inoltre coordinato con il disposto di cui all’art. 25, comma 1, della l. 724/1994[8].
Ad avviso del citato Ministero la richiamata previsione non sembra tuttavia trovare applicazione con riferimento al lavoro accessorio, che si connota per l’occasionalità della prestazione la quale, in ogni caso, non può superare dei limiti di compenso ben definiti dal legislatore. I limiti imposti hanno infatti già la finalità di scongiurare quei possibili fenomeni elusivi, che si è voluto contrastare introducendo particolari vincoli in ordine alla possibilità, da parte delle pubbliche amministrazioni, di avvalersi di soggetti cessati dal servizio anticipatamente.
Per completezza espositiva, si rammenta da ultimo che la fattispecie di cui si discute non rientra nemmeno tra le tipologie di attività (incarichi o cariche) vietati ai pensionati, pubblici e privati, a mente dell’art. 5, comma 9, del d.l. 95/2012, come modificato dall’art. 17, comma 3, della l. 124/2014[9]. La predetta disciplina, finalizzata a evitare che soggetti in quiescenza assumano rilevanti responsabilità nelle amministrazioni, pone infatti puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione, restando quindi preclusa un’interpretazione di tipo estensivo o analogico.
Si rammenta da ultimo che, rientrando anche il lavoro accessorio tra le tipologie di lavoro flessibile, restano fermi i limiti di spesa imposti dalla normativa vigente, nello specifico dall’art. 9, comma 28, del d.l. 78/2010.
[1] Cfr. circolare n. 18 del 2012.
[2] L’INPS, nella circolare n. 49/2013 ha evidenziato che: ‘Ai sensi della nuova disciplina, va ricompreso all’interno della nozione ‘committente pubblico’ anche l’ente locale, pertanto devono intendersi superate le precedenti indicazioni che distinguevano l’impiego dei buoni lavoro per la tipologia di committenti pubblici e degli enti locali, rispetto a un novero specifico e tassativo di attività e di prestatori.’
[3] Cfr. l’art. 48, comma 4, del d.lgs.81/2015 che ripropone il contenuto dell’art. 70, comma 3, del d.lgs. 276/2003. Il Comune istante ha precisato che l’instaurazione del rapporto occasionale in oggetto sarebbe effettuata nel rispetto dei limiti specificati nella circolare del 10 novembre 2014 della Direzione generale.
[4] Vedasi l’art. 48 del d.lgs. 81/2015.
[5] Cfr. circolare n. 49 del 2013, già citata.
[6] Resta, pertanto, escluso che possa accedere alla prestazione di lavoro occasionale accessorio il titolare di trattamenti per i quali è accertata l’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa, quale il trattamento di inabilità.
[7] Cfr. interpello n. 44 del 2011.
[8] Detta norma prevede che, al fine di garantire la piena e effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, al personale delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 29/1993 (ora trasfuso nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001), che cessa volontariamente dal servizio pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali ma che ha tuttavia il requisito contributivo per il conseguimento della pensione anticipata di anzianità, non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio.
[9] Si vedano, in proposito le circolari esplicative, emanate dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, n. 6/2014 e n. 4/2015.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento