Per il Consiglio di Stato deve essere riconosciuto il riposo del padre anche se la moglie è casalinga

Il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, con sentenza n. 17 del 28 dicembre 2022, ha stabilito che i periodi di riposo sono riconosciuti anche al padre lavoratore dipendente del minore di anni uno “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”

19 Gennaio 2023
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Il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, con sentenza n. 17 del 28 dicembre 2022, ha stabilito che l’art. 40, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 151/2001, laddove prevede che i periodi di riposo di cui al precedente articolo 39 sono riconosciuti al padre lavoratore dipendente del minore di anni uno “nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente”, intende riferirsi a qualsiasi categoria di lavoratrici non dipendenti, e quindi anche alla donna che svolge attività lavorativa in ambito familiare, senza che sia necessario, a tal fine, che ella sia impegnata in attività che la distolgono dalla cura del neonato, ovvero sia affetta da infermità.

Come si legge nel testo della sentenza: “Occorre innanzi tutto osservare che i periodi di riposo di cui all’articolo 39 rientrano nel novero dei diritti riconosciuti in attuazione del valore costituzionalmente tutelato della funzione genitoriale, cui si riconnettono:
sia le responsabilità di entrambi i genitori nei confronti del figlio (naturale o adottivo), e dunque il diritto dei medesimi ad ottenere dall’ordinamento il riconoscimento delle migliori condizioni possibili onde assolvere ad una funzione, non solo individualmente, ma anche socialmente fondamentale;
sia, specularmente, il diritto del figlio ad ottenere, per il tramite dell’assistenza dei genitori, ottimali condizioni di crescita e di sviluppo della sua età evolutiva.
In tal senso, l’esercizio della funzione genitoriale tende, da un lato, alla piena realizzazione dei diritti del bambino ad ottenere la migliore assistenza da parte dei genitori (nel caso di specie, nel primo anno di vita), ma, da altro lato, costituisce anche espressione del diritto “proprio” dei genitori – e di ciascuno di essi – ad accompagnare la crescita del figlio, quale espressione della loro personalità.”

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