Per la Cassazione la concreta esperienza di lavoro richiesta per i dirigenti a contratto deve essere in ogni caso dirigenziale o ad essa equiparabile

Per la prima volta il giudice di legittimità chiarisce la portata dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001: commento alla sentenza della Corte di Cassazione, 7 giugno 2019, n. 15514

11 Giugno 2019
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Non vi è dubbio che la giurisprudenza amministrativa e il giudice di legittimità hanno stabilito che il conferimento di incarichi dirigenziali a contratto anche per gli Enti locali debbano fare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 (per espresso richiamo del successivo comma 6-ter per il quale “Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2”). È stato, inoltre, precisato che l’Ente ha un ampio potere discrezionale nel conferimento dei citati incarichi, fermo restando i requisiti previsti da parte dei candidati. La competenza nel giudicare la legittimità degli atti di conferimento spetta al giudice amministrativo qualora, la selezione effettuata dall’ente, preveda la formazione di una graduatoria con i relativi punteggi, mentre la competenza è del giudice ordinario qualora non vi sia alcuna formazione di graduatoria o punteggi da attribuire ai candidati. In quest’ultimo caso, tuttavia, gli enti restano pur sempre vincolati alla verifica preliminare dei requisiti dei candidati che ambiscono alla copertura del posto dirigenziale a contratto, requisiti espressamente previsti dall’art. 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 secondo cui “Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 7 giugno 2019, n. 15514 interviene sulla esatta interpretazione dei requisiti previsti dalla normativa.

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