Per un dirigente su tre c’è malaffare nella Pa

Indagine Forum Pa. Il problema sentito soprattutto al Centro-Sud

Marcello Serra 17 Febbraio 2012
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La corruzione è una realtà normale nel comportamento delle pubbliche amministrazioni. A sostenerlo è una fetta consistente degli stessi uomini e donne chiamati a far funzionare e a organizzare la macchina burocratica: un terzo, per la precisione il 30%, dei dirigenti pubblici è convinto, in toto o in gran parte, che i fenomeni corruttivi siano di casa nelle strutture amministrative. Anche perché solo in questo modo possono essere spiegate le spese convulse e immotivate, spesso in prossimità di eventi elettorali, o consumi sfacciati. A fornire questa fotografia è un’indagine di «Forum Pa» e «Gogol.it» sulle dimensioni e i costi della corruzione nella Pa. A rispondere al questionario inviato a gennaio a tutti i 27mila vertici amministrativi sono stati 3.400 tra dirigenti apicali, coordinati e di altro tipo. E le indicazioni sono chiare. A dichiararsi in totale disaccordo sul collegamento tra corruzione e Pa è solo il 38,5% degli intervistati. Come era prevedibile ad avvertire maggiormente i fenomeni corruttivi sono i dirigenti del Centro (31,4% tra convinti e abbastanza convinti) e del Sud (34,2%). Uno degli indicatori delle connessioni tra burocrazia e malaffare è considerato in oltre l’80% dei casi «il manifestarsi di comportamenti consumistici esibiti» (auto di grossa cilindrata, vacanze lussuose e residenze di lusso). Ma anche il rispetto puramente formale della disciplina antimafia, per consentire alla criminalità di infiltrarsi negli appalti, un termometro sostanzialmente attendibile. Tra le cause di questa situazione, la principale è individuata (87%) nell’influenza del ceto politico. RIPRODUZIONE RISERVATA

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