Secondo la Corte capitolina, l’unica circostanza provata riguardava l’erronea indicazione del domicilio da parte del dipendente, relativamente al luogo di residenza e di accudienza per assistenza al padre, portatore di handicap grave e con diritto altresì al congedo straordinario di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001 ed ai sensi dell’art. 35 del contratto collettivo nazionale di lavoro di settore. Dalla prova testimoniale era emerso che il padre dell’attore dimorava stabilmente in altro luogo, dove abitavano altresì lo stesso dipendente, il suo coniuge e le figlie. Quanto alla contestazione, riguardante la pretesa mancanza di accudienza, la Corte distrettuale osservava, in primo luogo, come mancasse espressa contestazione del fatto, in quanto l’aver addebitato la mancata convivenza non comportava di per sè pure la contestazione della mancata accudienza, poichè in tal caso sarebbe stato necessario fornire maggiori precisazioni ed essendo evidente che assistere un infermo non comportava in alcun modo la presenza costante e continuativa a fianco dello stesso, tanto che la legge non lo prevedeva in alcun modo. In ogni caso, i tempi dell’assenza dell’incolpato dalla propria abitazione erano stati saltuari e limitati, mentre del tutto irrilevante appariva il fatto che egli durante tali assenze si occupasse anche di gestire la propria casa vacanze, ubicata in altro luogo (corrispondente a quello dichiarato come abituale residenza del padre, cui doveva essere prestata assistenza).
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