Massima
I permessi riconosciuti dall’art. 33, comma 6, della legge n. 104 del 1992 spettano al lavoratore portatore di handicap in ragione della necessità di una più agevole integrazione familiare e sociale, senza che la fruizione del beneficio debba essere necessariamente diretta alle esigenze di cura.
Fatto
La Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima sede che ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore per abuso dei permessi di cui alla legge n. 104 del 1992 (art. 33, commi 3 e 6), avendo il lavoratore portatore di disabilità, aumentato i giorni di assenza in concomitanza con le festività e, dunque, per finalità estranee a quelle connesse alla cura della sua condizione di invalido.
La Corte di appello, ha osservato che l’art. 33, aveva ad oggetto le agevolazioni da riconoscere ai soggetti disabili ai fini della piena integrazione nella società e nel mondo del lavoro, soggetti che, nella veste di lavoratori (e a differenza dei lavoratori che prestavano assistenza a parenti disabili), potevano fruire ad ampio spettro dei permessi, anche per finalità sganciate da esigenze di cura o di visite mediche, dovendosi intendere che il richiamo del comma 6 al comma 3 della medesima disposizione si riferisse esclusivamente alla tipologia della agevolazione (nella specie i permessi orari o giornalieri).
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