I permessi retribuiti per particolari motivi personali o familiari, di cui all’art.19, comma 2, del CCNL del 6.7.1995, possono essere fruiti ad ore o a mezze giornate?
Nel merito del quesito formulato, relativamente alla particolare problematica esposta, sulla base della vigente disciplina contrattale, per quanto di competenza, la scrivente Agenzia non può che confermare il proprio consolidato orientamento secondo il quale i tre giorni di permesso retribuiti per motivi personali e familiari, di cui all’art.19, comma 2, del CCNL del 6.7.1995, attualmente, non sono fruibili in via frazionata ad ore.
Per i suddetti tre giorni annuali di permesso per particolari motivi personali o familiari, come evidenziato nella circolare n.7/2008 del Dipartimento della Funzione Pubblica, la previsione dell’art. 71, comma 4, della Legge n.133/2008 ha carattere solo programmatico, dato che, ai fini della sua effettiva applicazione, è necessario il preventivo e necessario intervento della contrattazione collettiva nazionale in materia.
La suddetta norma, come evidenziato nella medesima circolare, poteva trovare applicazione solo nei casi nei quali i vigenti contratti collettivi già avessero stabilito l’alternatività tra fruizione a giornata e quella ad ore, fissando il relativo monte ore.
Pertanto, oggi, anche dopo le nuove previsioni della Legge n.133/2008, ed in attesa di una nuova regolamentazione della contrattazione nazionale, il personale non può fruire di “porzioni orarie” di permesso retribuito (ex art. 19, comma 2) né tantomeno di mezze giornate lavorative, dato che non esiste una nozione specifica di “mezza giornata” (questa non può che quantificarsi che in ore, rispetto alla durata prestabilita dell’orario giornaliero ordinario di lavoro), poiché questa, comunque, sta a designare solo ed esclusivamente una frazione di tempo inferiore al giorno lavorativo.
Per completezza informativa, si ricorda che, attualmente, il contratto integrativo non può né introdurre nuove ipotesi di permesso retribuito non previste dal CCNL né modificare in alcun modo la regolamentazione delle diverse tipologie di permesso già regolamentate dalle parti negoziali a livello nazionale.
Infatti, nessuna disposizione dei vigenti CCNL del Comparto Regioni – Autonomie Locali autorizza il secondo livello di contrattazione a ridefinire la disciplina delle cause di sospensione e di interruzione del rapporto di lavoro e quindi anche delle varie fattispecie di permesso.
In proposito, si richiamano, le disposizioni dell’art.40, comma 3-bis, del D.Lgs.n.165/2001, come novellato dall’art.54 del D.Lgs.n.150/2009, secondo il quale: “3-bis. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, ……… Essa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. ……. ”.
Il successivo comma 3-quinquies del medesimo art.40 del D.Lgs.n.165/2001 a sua volta dispone: “3-quinquies. ……. Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile…..”. In tal modo, il legislatore ha confermato e rafforzato ulteriormente la disciplina già contenuta nel precedente testo del D.Lgs.n.165/2001.
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