È infatti noto, agli avvertiti lettori, che il decreto legislativo di esercizio della delega conferita con la legge n. 124/2015, ha ampiamente riformulato l’impianto procedimentale, con un sostanziale ritorno al passato riattribuendo la maggior parte delle competenze all’Ufficio Procedimenti Disciplinari, che tratterà integralmente (quindi dalla contestazione all’attribuzione della sanzione) i procedimenti disciplinari con sanzione superiore al rimprovero verbale.
Rinviando, per un opportuno approfondimento, ai diversi interventi che la Rivista che ci ospita ha dedicato alla novella legislativa (di cui all’attualità non si conoscono ancora i tempi di entrata in vigore), merita sottolineare il dato, già messo in evidenza, per cui la significativa operazione di dequotazione dei vizi formali del procedimento non ha però riguardato (almeno così pare, da un primo esame del testo licenziato il 19 maggio u.s. dal Consiglio dei Ministri), i termini iniziali e finali dello stesso.
Ciò in ossequio al parere del Consiglio di Stato del 21 aprile 2017, che aveva osservato, alla luce di (peraltro estremamente condivisibili) considerazioni, come la “…previsione del nuovo comma 9-ter andrebbe ampiamente riconsiderata, suggerendo al Governo la conservazione della natura perentoria almeno dei due termini di inizio e di fine del procedimento, secondo un meccanismo analogo a quello dell’attuale art. 55-quater, comma 3-ter, del d. lgs. n. 165 del 2001, siccome rimodulato dal d. lgs. n. 116 del 2006”.
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